Sinossi
Incoronata regina d’Inghilterra contro la sua volontà, Jane Grey viene detronizzata, dopo solo nove giorni, da Maria la Sanguinaria, figlia di Enrico VIII e fervente cattolica, che la rinchiude nella Torre di Londra per poi condannarla a morte a seguito del suo rifiuto di tradire la fede protestante. Con coraggio, Jane va incontro al patibolo e diventa una martire e un esempio per le sue due sorelle minori: Katherine e Mary.
«Impara a morire» è il consiglio che Jane lascia a Katherine, la quale non ha intenzione di soccombere, ma solo di godere della sua bellezza e della gioventù e innamorarsi. In quanto erede dell’insicura e sterile Maria e poi di Elisabetta I, a Katherine però viene impedito di sposarsi per non dare alla luce un figlio Tudor.
Quando la gravidanza di Katherine tradisce il suo matrimonio segreto, affronta anche lei la prigionia nella Torre, a pochi metri dal luogo dove sua sorella era stata decapitata, e lì si lascia morire. «Addio, sorella mia», scrive Katherine a Mary. Dopo aver visto le sue sorelle sfidare Maria ed Elisabetta, Mary è profondamente consapevole del pericolo, ma determinata a mantenere saldamente il controllo del proprio destino.
Cosa succederà quando l’ultima Tudor sfiderà la crudele regina Elisabetta? La sorellanza è uno strumento potente per le donne nate con pochi alleati in un mondo spietato, oggi come nel Cinquecento.
Philippa Gregory torna con un romanzo dedicato ai Tudor, dal forte messaggio femminista.
Estratto
A mia sorella
PARTE PRIMA
Jane
Palazzo Bradgate
Groby, Leicestershire, primavera 1550
AMO mio padre, perché so che non morirà mai. Neppure io morirò. Siamo eletti da Dio, percorriamo le sue vie senza mai deviare. Non abbiamo bisogno di guadagnarci il nostro posto in cielo, ingraziandoci Dio con azioni o messe. Non dobbiamo mangiare il pane e fingere che sia carne, bere vino e chiamarlo sangue. Sappiamo che è un’assurdità per gli ignoranti e un inganno per gli sciocchi papisti. Questa conoscenza è il nostro orgoglio e la nostra gloria. Noi comprendiamo, come accade a sempre più persone in questo periodo, che siamo stati salvati una volta per tutte. Non abbiamo timori, perché non moriremo mai.
In verità mio padre è uomo di mondo, piacevolmente mondano. Vorrei che mi permettesse di avere a che fare con la sua anima, ma lui ride. «Vattene, Jane, e scrivi ai nostri amici, i riformatori svizzeri», mi dice. «Sono in debito con loro di una lettera, potresti scriverla tu.»
Sbaglia a evitare sacri discorsi, ma è soltanto un peccato di disattenzione, so che il suo cuore e la sua anima sono per la vera religione. Devo inoltre ricordare che lui è mio padre e che gli devo obbedienza, a lui e a mia madre, quale che sia la mia personale opinione su di loro. Sarà Dio, che tutto vede, a giudicarli. E Dio ha visto mio padre e lo ha già perdonato. Mio padre è salvo grazie alla fede.
Temo che mia madre non verrà salvata dalle fiamme dell’inferno ed è quasi certo che Katherine, che ha nove anni, tre meno di me, morirà e non risorgerà. È incredibilmente stupida. Se io fossi una sciocca superstiziosa, penserei che è posseduta, ma di certo è senza speranza. La mia sorellina Mary è nata nel peccato originale e non lo supererà. È carina come una miniatura di Katherine, minuscola come una bambola. La mia signora madre l’avrebbe fatta crescere lontana da noi per risparmiarci la vergogna, ma mio padre aveva provato troppa compassione per la sua ultimogenita sottosviluppata e così lei vive con noi. Non è affatto tonta, è intelligente e segue le lezioni, ma non ha cognizione della grazia di Dio. Non è una eletta come me e nostro padre. Una come lei, la cui crescita è stata penalizzata da Satana, dovrebbe ambire alla salvezza con particolare fervore. Immagino che una piccola di cinque anni sia troppo giovane per rinunciare al mondo, ma io studiavo latino quando ne avevo quattro e Nostro Signore aveva la stessa età che ho io oggi, quando era entrato nel tempio e aveva conversato con i saggi. Se non si apprendono le vie del Signore quando si è nella culla, quando si inizia?
Io ho cominciato a studiare da piccola e con ogni probabilità sono la giovane più istruita del Paese, cresciuta nella religione riformata, la prediletta della regina Caterina Parr, grande erudita. Sono forse la più giovane sapiente di tutta Europa, di certo la più colta. Non ritengo mia cugina, la principessa Elisabetta, una vera studentessa, perché molti sono chiamati, ma pochi gli eletti. Elisabetta vuole essere considerata intelligente, vuole compiacere i suoi tutori ed esibirsi. Pure io devo fare attenzione a non cadere nel peccato d’orgoglio, anche se, sgarbatamente, mia madre dice che dovrei badare a non cadere nel ridicolo. Quando ribatto che lei è in stato di peccato, mi afferra l’orecchio e minaccia di picchiarmi. Sopporterei volentieri di essere percossa per la mia fede, proprio come era successo alla santa Anne Askew, ma credo che a Dio faccia più piacere se mi scuso, faccio una riverenza e mi siedo a tavola. Inoltre per cena c’è torta alle pere con crème brûlée, il mio piatto preferito.
Non è facile brillare a Bradgate, un’affollata dimora gaudente. Bradgate è un grande edificio di mattoni, rosso come Hampton Court, con una guardiola quasi grande come il palazzo, immersa nell’enorme bosco di Charnwood. Noi abbiamo ogni diritto alla magnificenza. Mia madre è figlia della principessa Maria Tudor, regina di Francia, sorella prediletta di re Enrico VIII, quindi è erede al trono d’Inghilterra dopo le mie cugine Maria ed Elisabetta, figlie del defunto re, che sono a loro volta eredi del loro più giovane fratello, re Edoardo. Questa discendenza ci rende la famiglia più influente d’Inghilterra, cosa che non dimentichiamo mai. Abbiamo più di trecento dipendenti al nostro servizio, possediamo una scuderia con splendidi purosangue, il parco che circonda il palazzo, fattorie e villaggi, fiumi e laghi nel cuore dell’Inghilterra. Abbiamo un orso per il combattimento con i cani e un’arena per il combattimento tra galli. Il nostro palazzo è uno dei più imponenti nelle Midlands, con un salone con una galleria per i musicisti a una estremità e un palco reale all’altra. La campagna più bella d’Inghilterra ci appartiene. Sono
cresciuta sapendo che tutta questa terra mi appartiene, proprio come noi apparteniamo all’Inghilterra.
Naturalmente tra la mia signora madre e il trono ci sono i tre figli reali: Edoardo il re, che ha solo dodici anni come me, e governa con un lord presidente, e le sue sorelle maggiori, la principessa Maria e la principessa Elisabetta. Non sempre le due principesse vengono viste come eredi, dal momento che erano state entrambe chiamate bastarde e rinnegate dal loro padre. Non sarebbero nemmeno incluse nella discendenza reale, se non fosse stato per la carità cristiana della mia mentore, Caterina Parr, che le ha portate a corte e le ha fatte riconoscere. La principessa Maria (che Dio la perdoni) è una dichiarata papista e un’eretica e, sebbene io sia tenuta ad amarla come cugina, trovo tremendo andare a casa sua, dove segue la liturgia delle ore come se vivesse in un convento e non in un regno riformato: sotto re Edoardo tutta l’Inghilterra è ora protestante.
Non parlo della principessa Elisabetta. Non lo faccio mai. L’ho vista anche troppo quando vivevamo con la regina Caterina e il suo giovane consorte, Thomas Seymour. Tutto ciò che dirò è che dovrebbe vergognarsi e risponderà a Dio per ciò che ha fatto. Io l’ho visto. Ero presente quando stuzzicava e amoreggiava con il marito della sua matrigna. Ha condotto Thomas Seymour, un grande uomo, all’imprudenza e infine alla morte. È colpevole di lussuria e adulterio, nel cuore, se non nel letto di lui. È responsabile della sua morte, come se l’avesse dichiarato lei stessa traditore e cospiratore e l’avesse condotto sul patibolo. L’ha indotto a considerarsi suo amante e suo marito, e insieme eredi al trono. Non avrà forse detto proprio questo, non ne aveva bisogno. Io ho visto come era con lui e so cosa gli ha fatto fare.
Ma non giudico. Non giudicherò. Non giudico mai. È a Dio che spetta farlo. Io devo mantenere umili pareri, distogliere lo sguardo e provare la compassione di una peccatrice verso un’altra. Sono sicura che nemmeno Dio penserà a lei, quando sarà tra le fiamme dell’inferno, pregando troppo tardi per la sua mancanza di castità, la sua slealtà e la sua ambizione. Dio e io la compatiremo e l’abbandoneremo alla sua eterna punizione.
In ogni caso, entrambe le principesse erano state dichiarate illegittime e inadatte al trono. Il diritto delle due sorellastre di Edoardo è minore di quello della figlia della sorella prediletta di re Enrico VIII, regina Maria, cioè mia madre.
Proprio per questo è importante che mia madre studi la fede riformata e accantoni sfavillanti orpelli. Dovrebbe evitare banchetti e gozzoviglie, danzare solo con le dame più caste e non andarsene in giro sul quel suo grande destriero, cacciando la selvaggina come un’affamata fiera. Nei boschi tutt’attorno riecheggiano i suoi corni da caccia, i cani muoiono nella fossa dell’orso, le giovenche vengono macellate all’esterno della cucina. Temo sia licenziosa (tutti i Tudor lo sono), è orgogliosa (tutti i Tudor sono nati tiranni) e chiunque vede quanto sia stravagante.
Dovrei biasimarla, ma quando dico al mio precettore che mi sto preparando per rimproverare mia madre di peccare d’orgoglio, ingordigia e avidità, lui ribatte nervosamente che è meglio soprassedere e così capisco che la teme, come la temono tutti, anche mio padre.
Io sarei timorosa come tutti i deboli, ma mi sostiene la fede, anche se non è semplice per chi segue la fede riformata. Per i papisti è facile essere coraggiosi, ogni sciocco ha almeno una decina di oggetti che lo istruiscono e lo incoraggiano: le icone nelle chiese, le vetrate, le suore, il prete, il coro, l’incenso, il forte gusto del vino che si autoconvincono abbia il sapore salato del sangue. Tutto ciò è solo vanità e vuoto. So che la mia fede mi sostiene, perché, quando m’inginocchio nella fredda e bianca cappella in silenzio, sento la voce di Dio che parla solo a me, dolcemente come un padre amoroso. Leggo la Bibbia di persona, nessuno la legge per me, e allora sento il Verbo di Dio. Prego per ricevere saggezza e quando parlo so di usare le parole della Bibbia. Io sono la Sua portavoce e la Sua ancella ed è per questo che mia madre sbaglia quando urla: «Per l’amor di Dio, porta fuori di qui il tuo muso lungo e va a caccia prima che ti sbatta fuori io stessa dalla biblioteca!»
Prego Dio che la perdoni come faccio io, ma so che Lui non dimenticherà l’insulto rivolto a me, la Sua ancella, e non lo dimenticherò neppure io. Non vado a caccia, ma cavalco con mia sorella Katherine, seguite da uno stalliere. Possiamo cavalcare tutto il giorno in ogni direzione senza mai uscire dalle nostre terre. Attraversiamo al piccolo galoppo prati e campi dove sta crescendo l’avena, sguazziamo attraverso guadi e lasciamo che i cavalli bevano l’acqua limpida. Siamo le bambine della famiglia reale inglese, felici nella campagna inglese, fortunate nella nostra eredità.
Oggi, per qualche motivo, mia madre è tutta sorrisi e a me è stato detto di indossare l’abito nuovo, un vestito in velluto rosso scuro arrivato da Londra la settimana scorsa con un sontuoso cappuccio nero e maniche, perché avremo ospiti a cena. Ho chiesto al lord ciambellano chi viene e lui mi ha risposto che si tratta dell’ex lord protettore, Edward Seymour, duca di Somerset. È stato imprigionato nella Torre per alto tradimento, ma è stato liberato e ora ha ripreso il suo posto nel consiglio della Corona. Sono tempi pericolosi quelli in cui viviamo.
«E porta suo figlio», aggiunge il ciambellano, e osa farmi l’occhiolino, come se la notizia dovesse entusiasmarmi.
«Oh, che emozione!» esclama mia sorella Katherine.
Esalo un paziente sospiro e dico che leggerò in camera mia fin quando non sarà ora che mi vesta per cena. Se chiudo la porta, forse Katherine capirà l’antifona e se ne starà fuori.
Ma non è così.
Dopo pochi istanti sento battere alla porta e lei infila la testolina bionda nella stanza ed esclama: «Oh! Stai studiando?» Come se facessi mai qualcosa d’altro.
«Certamente, era questa la mia intenzione quando ho chiuso la porta.»
Lei è sorda all’ironia. «Per quale motivo pensi venga qui il duca di Somerset?» chiede, entrando senza essere invitata, seguita da Mary, come se la mia stanza fosse una sala reale delle udienze e chiunque, se ben vestito, possa entrare.
«Porti qui dentro quella scimmia disgustosa?» sbotto nel vederlo appollaiato sulla sua spalla.
Lei pare sconvolta. «Naturalmente. Mr. Nozzle viene ovunque con me, tranne quando vado a trovare il povero orso, di cui ha paura.»
«Ebbene, qui non può entrare e rovinare i miei fogli.»
«Non lo farà. Se ne starà seduto sulle mie ginocchia. È bravissimo.»
«Portalo fuori.»
«No.»
«Portalo fuori, te lo ordino.»
«Non puoi obbligarmi.»
«Io sono la maggiore e queste sono le mie stanze…»
«Io sono la più carina e sono venuta a trovarti per essere gentile…»
Ci guardiamo in cagnesco, poi lei mi mostra la catena d’argento attorno al collo della scimmietta. «Jane, per favore! Lo terrò stretto», promette.
«Lo terrò io per te», s’intromette Mary, e così ne ho due che vogliono tenere la scimmia che neppure dovrebbe essere qui.
«Oh, andatevene tutte e due», esclamo irritata.
Ma Katherine si volta e solleva Mary su una sedia, dove la piccola, non più grande di una bambola, mi sorride con tutto il suo fascino.
«Stai seduta ben dritta», le ricorda Katherine e Mary tira indietro le spalle e si siede eretta.
«No! Andatevene e basta!»
«Lo farò, subito dopo averti rivolto questa domanda.» Katherine è felice, perché, come al solito, ottiene ciò che vuole.
«Bene», replico in tono serio. «Chiedi e poi vattene.»
Fa un bel respiro. «Perché pensi che il duca di Somerset stia venendo qui?»
«Non ne ho idea.»
«Io lo so, come mai tu non lo sai? Pensavo che tu fossi molto, molto intelligente.»
«Non voglio saperlo.»
«Posso dirtelo io. Tutto ciò che sai è la roba che sta nei libri.»
«La roba che sta nei libri.» Ripeto le parole di una bambina ignorante. «Davvero, io conosco ‘la roba che sta nei libri,’ ma se volessi informazioni mondane, chiederei a nostro padre e lui mi direbbe la verità. Non me ne andrei in giro a origliare e ad ascoltare i pettegolezzi della servitù.»
Lei salta sul mio grande letto quasi avesse intenzione di restare qui fino all’ora di cena, poi si appoggia ai cuscini come se volesse mettersi a dormire. La scimmia si mette comoda accanto a lei e scorre le piccole dita affusolate tra la pelliccia setosa.
«Ha le pulci?»
«Oh, sì, ma non ha i pidocchi», risponde con indifferenza.
«Allora fallo scendere dal mio letto!»
Lei se lo tira in grembo. «Non agitarti. È così elettrizzante. Vengono per il tuo fidanzamento», annuncia. «Ecco, pensavo che questo ti avrebbe fatta sobbalzare.»
Sobbalzo leggermente. «E chi te l’ha detto?»
«Lo sanno tutti», risponde, il che significa che è un pettegolezzo della servitù, come avevo previsto. «Oh, sei tanto fortunata! Secondo me, Ned Seymour è il più bello al mondo.»
«Sì, ma a te piace qualsiasi cosa porti i pantaloni.»
«Ha gli occhi dolci.»
«Che non possiedono il potere dell’emozione, ma solo della vista.»
«E un sorriso adorabile.»
«Immagino che sorrida come chiunque altro, ma non mi sono presa la briga di guardare.»
«Inoltre cavalca benissimo, ha splendidi abiti ed è figlio di uno degli uomini più potenti d’Inghilterra. Non c’è famiglia più importante di quella dei Seymour. Nessuna più ricca. Sono addirittura più ricchi di noi e anche più vicini al trono di noi.»
Penso, ma non lo dico, che la grandezza della famiglia non aveva protetto Thomas Seymour che è stato decapitato appena un anno fa. Neppure suo fratello maggiore aveva potuto salvarlo. Poi anche lui, benché lord protettore, era caduto in disgrazia e ora sta tentando di tornare al potere.
«Il bel figlio del lord protettore», sospira.
Come al solito è confusa. «Non è più lord protettore, quella carica è stata abolita», la correggo. «Il consiglio ora è gestito dal lord presidente, John Dudley. Se vuoi allearti con uomini emergenti, rivolgiti ai Dudley.»
«Ecco, lui è ancora zio del re e Ned è ancora conte di Hertford.»
«Edward Seymour», la correggo.
«Edward o Ned! A chi importa?»
«E tutti dicono che io dovrò fidanzarmi con lui?» chiedo.
«Sì», risponde semplicemente. «E quando sarai sposata, dovrai andare via di nuovo. Mi mancherai. Anche se non fai che lamentarti che sono stupida, è più bello quando sei qui. Mi sei mancata quando vivevi con la regina Caterina. Sono stata quasi contenta quando è morta, anche se mi è dispiaciuto per lei, naturalmente, perché avevo sperato che saresti tornata a casa per sempre.»
«Non andartene, Jane», geme Mary, anche se difficilmente ha seguito tutto il discorso.
Benché sappia che la Bibbia dice che un discepolo deve abbandonare la propria casa, confratelli o padre o madre per il bene del Vangelo, sono commossa. «Se mi chiamassero per un grande posto nel mondo, dovrò andare», dico loro. «La corte di nostro cugino, re Edoardo, è devota e io dovrei essere felice di vivere là e, se Dio mi chiamasse a un grande posto nel mondo, allora diverrei un modello per coloro che mi guardano ammirati. E quando arriverà il vostro turno, vi mostrerò come dovrete comportarvi. In verità, se dovessi lasciarvi, mi manchereste entrambe.»
«Avrai nostalgia anche di Mr. Nozzle?» mi domanda Katherine speranzosa, scendendo dal letto e avvicinando il suo triste musetto al mio volto.
«No.»
«Ecco, quando toccherà a me sposarmi, spero che lui sia bello come Ned Seymour e non mi dispiacerà essere la contessa di Hertford.»
Mi rendo conto che quello sarà il mio nuovo nome e titolo e che, alla morte del padre di Ned, lui diventerà duca di Somerset e io sarò duchessa. «Sarà fatta la volontà di Dio», dichiaro, pensando alle foglie di fragola del diadema di una duchessa e alla morbida pesantezza dell’ermellino sul mio colletto. «Per te come per me.»
«Amen», borbotta lei sognante, come se stesse ancora pensando al sorriso di Ned Seymour. «Oh, amen.»
«Dubito che Dio ti renderà duchessa», le faccio notare.
Lei mi fissa con quei grandi occhi azzurri spalancati, la pelle, pallida come la mia, ora arrossata. «Oh, prega per me. Riuscirai a farmi avere un duca se preghi per me, Jane. Sei così devota che riuscirai a convincere Dio a farmi sposare un duca. Chiedigliene uno bello.»
Devo riconoscere che Ned Seymour è affascinante come tutti i Seymour. Mi ricorda suo zio Thomas, l’uomo più cortese che abbia mai conosciuto, marito della mia tutrice, la regina Caterina, prima che Elisabetta distruggesse la loro felicità. Ned ha capelli castani e occhi nocciola, occhi che, come ha notato mia sorella, sono gentili come il suo sorriso caldo e irresistibile. Spero che dietro quello scintillio non ci siano pensieri peccaminosi. È cresciuto a corte, amico di mio cugino il re, così che ci conosciamo da sempre. Abbiamo cavalcato, imparato a ballare e studiato assieme. Lui pensa come me che tutti i giovani intelligenti siano protestanti. Lo chiamerei amico, per quanto chiunque possa essere un amico nella fossa dell’orso che è una corte reale. Condividiamo anche la passione per la fede riformata e, sotto la sua spensieratezza, possiede una mente riflessiva. Mio cugino, re Edoardo, è uno studioso serio come me, e studiamo volentieri insieme, ma Ned Seymour ci fa ridere. Non è volgare, ma spiritoso, un giovane che suscita il sorriso in chi lo vede…
L’ autrice
PHILIPPA GREGORY è l’autrice inglese di romanzi storici più letta al mondo. Dai suoi libri sono stati tratti film e serie TV molto popolari, come quella delle Due Rose. Ha studiato storia all’Università del Sussex e ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Edimburgo. Nell’ottobre del 2016, a Londra, per i suoi meriti letterari, le è stato conferito il più importante premio dedicato al romanzo storico: l’Outstanding Contribution to Historical Fiction Award.
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