“Sotto le stelle di Natale” di Jenny Hale

Disponibile da domani 25 Ottobre 2022

La neve che cade, un segreto di famiglia, il profumo di un nuovo amore…
Mia Broadhurst ha dovuto lasciare in fretta e furia la sua vita e il suo lavoro a New York per tornare nel paesino di Winsted Cape, dove trascorreva le vacanze insieme alla sua adorata nonna. Le scogliere innevate affacciate sul mare risvegliano subito i ricordi felici di quando era bambina, ma Mia non vuole cedere alla nostalgia perché ha una difficile missione da compiere: deve vendere l’antico faro di famiglia. Per decenni sua nonna Ruth si è presa cura dell’antica struttura che domina le spiagge di Winsted Cape e, ora che è morta, Mia è costretta a cederla a qualcun altro, anche se le si spezza il cuore. Così, con l’aiuto dell’affascinante agente immobiliare Will Thacker, comincia a cercare l’acquirente giusto. I giorni passano e una domanda si insinua nella testa di Mia: vendere il faro, custode di antichi segreti di famiglia, è davvero la scelta giusta?
Un’autrice da oltre un milione di copie
«Jenny Hale scrive storie toccanti e bellissime.»
New York Times
«Will Thacker è l’uomo dei sogni, è riuscito a rubarmi il cuore.»
«Leggero e divertente. Il libro perfetto per trascorrere qualche ora all’insegna del relax e prepararsi alle vacanze natalizie con il giusto mood.»
«L’autrice ti fa entrare nel suo mondo con una scrittura ironica e scorrevole, i personaggi sono come vecchi amici.»

PROLOGO

«Mia, tesoro!», la raggiunse la voce di nonna Ruth, attraversando la vasta distesa di acquitrini, oltre le dune basse e il terreno ricoperto di alghe, nonostante il fragore dell’Atlantico alle sue spalle e lo stridore dei gabbiani in cielo.

Mia Carter, sette anni, posò la busta con le conchiglie che aveva raccolto e si portò le manine intirizzite dall’aria gelida invernale sulla fronte per ripararsi gli occhi dal riverbero della luce sull’acqua, e guardò la figura familiare con il grembiule, in piedi presso la soglia del faro di Winsted Cape.

Nonna Ruth la invitò a rientrare. «Ho preparato il pranzo!», le urlò. «E c’è anche la crostata di pesche!».

Mia agitò la manina per farle capire che aveva ricevuto il messaggio. Sollevò la busta con le conchiglie e si lanciò sulla sabbia, i lunghi capelli scuri mossi dietro la schiena dal vento costiero che le gonfiava il cappotto invernale imbottito, come faceva con le vele delle imbarcazioni che abitualmente punteggiavano l’orizzonte. I pesanti scarponcini affondavano nella sabbia soffice mentre Mia correva lungo la costa illuminata dal fascio di luce del faro, poi la bambina fece una brusca virata a destra e s’incamminò sul vecchio pontile sopra gli acquitrini, stando attenta a non inciampare.

A ogni passo le conchiglie tintinnavano nella busta, finché Mia saltò giù dal pontile e rallentò per riprender fiato, l’aria gelida nei polmoni, incamminandosi attraverso la distesa erbosa, poi superò la vecchia quercia con la sua altalena preferita, e proseguì lungo la staccionata di legno che separava il cortile dal recinto dei cavalli. Delilah, Woody e Charlotte – i cavalli di nonna Ruth – stavano nel fienile in fondo al recinto e, avvolti nelle coperte, agitavano le code.

«Hai intenzione di mangiare oggi?», le domandò nonna Ruth quando Mia la raggiunse, sulle labbra un sorriso affettuoso e caldo come la crostata di pesche che le aveva preparato. Il fuoco nel caminetto di pietra e le luci dell’albero di Natale la invogliarono a lasciare il freddo di fuori per rifugiarsi nel tepore della casa. «Ti ridurrai a quattro ossa, e non puoi permetterti di essere uno scricciolino, se vuoi conquistare il mondo, un giorno», le disse, spalancando la porta. E le rivolse una smorfia affettuosa arricciando il naso.

Con le manine e il naso intirizziti dal freddo, Mia entrò e posò la busta delle conchiglie davanti a Riley, la sorellina di quattro anni che era rimasta al faro per cucinare con la nonna. Riley era in ginocchio su una sedia presso il tavolo della cucina di nonna Ruth. «Guarda cosa ho trovato», disse Mia aprendo la busta e tirando fuori una stella marina, da cui caddero sul tavolo alcuni granelli di sabbia che le erano rimasti attaccati.

Riley restò a bocca aperta davanti a una simile meraviglia. «Dove l’hai trovata?», chiese con la sua vocina acuta, puntando sulla sorella due occhi verdi colmi di stupore.

«Nascosta tra la sabbia a Lock’s Bend», disse Mia, ricordando che in realtà l’aveva vista a fatica tra la spuma delle acque turbolente, proprio nel punto in cui nonna Ruth, da sempre, l’ammoniva di non nuotare d’estate, oltre la prima barriera naturale dove s’infrangevano le onde, perché la corrente di risacca era infida. «Non era in acqua», disse alla nonna, per evitare eventuali ramanzine sui pericoli di Lock’s Bend.

Nonna Ruth annuì pensosa e portò il panino di Mia a tavola. «Sapete che le stelle marine simboleggiano lo spirito guida e l’intuito», disse nonna Ruth con quella delicata autorevolezza che subito richiamò l’attenzione delle nipotine su di lei. Mentre posava il piatto sul tavolo e si chinava sulla spalla di Mia, il suo familiare profumo di lillà e rose fu per la bambina come tornare a casa dopo un lungo viaggio. «A quanto pare sei stata scelta per essere una guida», le disse con un sorrisetto complice. «Ma io lo sapevo anche prima che tu trovassi la stella marina». Nonna Ruth abbracciò Mia e le diede un delicato bacio sulla guancia.

«Mia?». La voce straziata di Alice Carter s’infilò tra i ricordi e li interruppe come una puntina che scivola su un vecchio disco e lo graffia. «Stai bene?».

Con gli occhi gonfi di lacrime Mia, seduta nel suo appartamento di Manhattan con vista sui giganteschi grattacieli sparsi per la città, si concentrò sulla voce della madre all’altro capo del telefono. Cercò di risponderle, ma il tremito delle labbra non glielo consentì. Continuava a giocherellare con la stella marina che aveva da anni e che adesso teneva in un piatto sul tavolinetto da caffè.

«Tesoro, è dura, lo so. Ma ora lei si trova in un posto migliore».

Mia inspirò a fatica, un groppo stretto in gola, mentre gli occhi le si riempivano di altre lacrime. Nonna Ruth era malata da tempo. Mia le aveva fatto visita più volte in ospedale, il suo corpo ormai indebolito, senza mai entrare veramente nell’ordine di idee che qualcosa potesse avere la meglio sulla grinta e la forza d’animo della nonna. Anche negli ultimi giorni della sua vita, lo spirito di nonna Ruth era sempre apparso invincibile.

«Come sta Riley?», riuscì a chiedere, in apprensione per la sorella.

«Ce la sta mettendo tutta».

Mia annuì, anche se non c’era nessuno che potesse vederla.

«Ho bisogno del tuo aiuto», le disse la mamma, con voce disperata, sopraffatta per la perdita della madre. «Non so da dove cominciare». Prima di allora, Mia non aveva mai sentito nella voce della madre un accenno di fragilità.

Pur con il cuore a pezzi, Mia soffocò la tristezza dentro di sé, abilità affinata nel corso degli anni, e si asciugò le lacrime con la punta delle dita. Ricorrendo a tutta la forza d’animo di cui era capace, decise che era arrivato il momento di prendere in mano le redini della situazione. «Penserò io a tutto, mamma», le disse, sforzandosi di parlare in modo pacato.

Doveva organizzare il funerale, facendo prima di tutto una lista delle persone care a nonna Ruth. Poi avrebbe fatto controllare il testamento al suo avvocato, per essere certa che ci si occupasse nel modo corretto dei beni della nonna. Avrebbe messo in vendita la sua auto. Avrebbe parlato con i guardiani per assicurarsi che si prendessero cura di Delilah, l’ultimo cavallo che restava, finché non avessero deciso cosa farne. Avrebbe esaminato gli aspetti finanziari riguardanti il faro e scelto come amministrare la proprietà… Racchiuso il dolore nel profondo del cuore, Mia si sarebbe concentrata solo sul da farsi.

Conclusa la telefonata, Mia si alzò e, avvicinatasi alla finestra panoramica del suo appartamento, restò a guardare il profilo notturno della città e le innumerevoli luci delle auto per strada. Un flusso costante di vetture attraversava la vasta distesa di grattacieli, diretto verso molteplici destinazioni, con il traffico delle vacanze di fine estate che si aggiungeva al consueto delirio delle vie di Manhattan. Mia sbatté le palpebre e ricacciò indietro le lacrime. Con Milo, suo marito, ancora al lavoro, la casa era immersa nel silenzio, ma non la sua mente. Visto il periodo che stava attraversando a livello personale, forse quello era il momento peggiore per affrontare un simile dolore, e Mia non sapeva come superarlo. Ma doveva tornare a casa dalla sua famiglia.

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«Non ce la faccio», disse la madre di Mia tra le lacrime.

Alice posò le dita tremanti sulle labbra come per soffocare il dolore mentre le due donne, avvolte dal buio pesto, con le valigie di Mia ai loro piedi, si congelavano sul portico d’ingresso della casa di famiglia nella cittadina di Bakers Ridge. Con la minaccia di una terribile tempesta di neve in arrivo, il vento costiero sferzava le due donne come la lama di un coltello. Il sottile filo di luci natalizie che la madre di Mia avvolgeva ogni anno attorno ai pali e alle ringhiere lampeggiava sotto una sottile spolverata di neve.

Com’era diverso incontrarsi oggi rispetto alle consuete riunioni di famiglia in quella casa. Mia era venuta per il funerale, ma l’ultima volta che lei e la madre erano state davvero insieme, riuscendo a essere sé stesse e non due persone completamente stravolte dal dolore, avevano passato il tempo a oziare e a ridere ricordando vecchie storie di nonna Ruth, e a parlare della possibilità di riportare a casa la nonna dall’ospedale.

Per Mia era terribile vedere la madre così prostrata. Senza sapere bene come altro consolarla, Mia, infagottata nel pesante cappotto, abbracciò Alice, incuranti entrambe della brezza gelida che saliva dalla costa, colpendole implacabile. Da piccola, Mia non si era mai resa conto di quanto la madre fosse magra né di come gli abiti sembrassero avvolgerla, più che vestirla a dovere. A lei la madre era sempre sembrata un gigante.

«Ti aiuto io. Ci pensiamo domani», disse Mia, calandosi di nuovo con facilità nel ruolo di persona forte – ruolo che, nel corso degli anni, aveva imparato ad assumersi con grande maestria.

Alla tenera età di dieci anni, quando era morto il papà, Mia aveva dovuto mettere da parte il suo dolore per prendersi cura di Riley, la sorellina di sette, mentre la loro mamma svolgeva due lavori – uno presso il supermercato di zona e l’altro come inserviente notturna in ospedale – per far quadrare i conti e arrivare a fine mese. Mia aiutava Riley a fare i compiti, le preparava la cena e dato che la sorellina aveva sempre un po’ paura quando loro due rimanevano sole a casa, si sforzava in ogni modo di distrarla tenendole compagnia. Faceva come sua madre: soffocava paura e dolore nel profondo del cuore. Solo dopo essere andata a letto, lasciava che riaffiorassero, protetta dalle tenebre.

«È il nostro destino», le aveva detto la madre una notte scostandole una ciocca di capelli dalla fronte mentre le rimboccava le coperte, dopo essere tornata a casa dal lavoro a un’ora in cui una bambina di dieci anni avrebbe già dovuto dormire. «Appartieni a una lunga discendenza di donne forti. Tua nonna Ruth ha fatto funzionare il faro di Winsted Cape quasi tutta la vita da sola».

Il nonno di Mia aveva avuto un infarto prima che lei nascesse, come se il fato lo avesse strappato dalla loro vita per privarle di qualunque influenza maschile e prepararle a essere donne indipendenti. E come le altre donne della sua famiglia, Mia non aveva mai visto nonna Ruth piangere per la perdita dell’amato marito.

Bastava nominare nonna Ruth perché il cuore di Mia si colmasse di gioia. Come un vecchio film che si svolgeva nella sua mente, ecco riaffiorare i ricordi: le corse nei prati verdi che conducevano agli acquitrini all’estremità della costa; i panni stesi ad asciugare al vento sul vecchio filo per il bucato, sbattuti dalla brezza come bandierine colorate; il modo in cui la nonna strizzava gli occhi perché il sole non la accecasse e riuscisse a vedere la lanterna scintillante in cima al faro bianco e rosso, con i gabbiani che volteggiavano in cielo.

La vita all’aria aperta, però, non era l’unico piacere di quando andava a far visita a nonna Ruth da bambina. Il faro di Winsted Cape distava poco da Bakers Ridge, la cittadina dov’era nata, così Mia ci poteva andare sempre.

Finito di giocare all’aperto, dopo aver volato sull’altalena appesa all’albero, le mani scorticate per essersi tenuta alle corde tanto a lungo, Mia attraversava di corsa il pascolo dei cavalli diretta al faro, entrava in casa e gettava le braccia al collo della nonna, accolta dal profumo dolce dei biscotti alla cannella che riempiva l’aria. Guardando il sorriso sul volto segnato dagli anni, Mia non aveva avuto la benché minima idea di quanto la nonna avesse sofferto nella vita.

«Adesso siamo guerriere come lei», le aveva detto una volta la mamma quando Mia era ragazzina.

Jenny Hale, é un’autrice bestseller di «USA Today». Due dei suoi romanzi d’amore sono stati selezionati per degli adattamenti televisivi. La Newton Compton ha pubblicato Iniziò tutto a Natale, Cercasi amore durante le vacanzeTorno a casa per NataleUna vacanza per NataleUn’altra estate con te e Sotto le stelle di Natale.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la responsabile editoriale della rivista on-line "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga. Ha conseguito il corso di formazione "lettura e benessere personale come rimedio dell'anima"