Trama
1868, campagne dell’Hertfordshire. Paula vive un’esistenza ritirata come governante di un’anziana parente. Nel piccolo paesino inglese non c’è spazio per i sogni, eppure, quando si ritrova in mano la poesia di Loreley, che da una rupe sul Reno incanta i pescatori pettinandosi i lunghi capelli, sente un’intima connessione con quei luoghi lontani. Una connessione inspiegabile visto che non ha mai viaggiato. Finché un giorno riceve una lettera dal fratello di suo padre defunto, che abita proprio su quelle rive, a Bonn. Ma perché sua madre non le ha mai parlato di questo zio? E perché sulla morte del padre aleggia da sempre il mistero? Determinata a scoprire la verità, Paula si mette in viaggio, ma giunta nell’incantevole valle del Reno capirà ben presto che il fiume nasconde oscure verità…
Estratto
Per mia figlia Lena – la cosa migliore di Bonn
«Vi sono inglesi, qui? Viaggiano molto
in cerca di campi di battaglia, cascate,
muraglie fatiscenti, classici luoghi lugubri…
Sarebbe, questa qui, degna meta di loro.»
J.W. Goethe, Faust. Seconda parte della tragedia
Prologo
Nessun tenue bagliore in corridoio, le porte come semplici rettangoli in un buio sempre più fitto. Incede tastoni, le mani protese in avanti per non urtare da nessuna parte, e tuttavia atterrita al pensiero di poter toccare inavvertitamente qualcosa di freddo, umido e inatteso. Vi è silenzio assoluto, nessun rumore tradisce la presenza di qualcun altro lì vicino. I piedi nudi si muovono impercettibilmente sulle assicelle, la pelle aderisce al legno, staccandosene solo controvoglia al fine di permettere il passo successivo. Allunga una mano a destra, preme contro una porta, ma questa non cede. Nemmeno la maniglia si abbassa. Quindi avanti.
La camicia da notte si gonfia incamerando una corrente d’aria proveniente da chissà dove. Una porta aperta? Una finestra? Il cuore le batte talmente forte che a malapena riesce a respirare, e sembra crescerle dentro fin quasi a esplodere.
Devono esserci delle scale là dietro. Se riesce ad arrivarci, magari scenderà giù nell’atrio, dove potrà parlare con qualcuno; dovrà pur esserci un’anima viva in grado di aiutarla, di rispondere alla sua domanda.
Raggiunge finalmente le scale. Afferrata la ringhiera, è sul punto di fare il primo passo, quando sotto di lei si apre una voragine nera. La vede nel buio, è la logica dei sogni.
Se ne sta lì, un piede a mezz’aria, la mano sulla ringhiera.
«Mamma!»
Quella voce la colpisce in pieno petto. Arretra improvvisamente dal baratro, poi avverte il cuscino dietro la schiena, si tira su seduta sul letto, e una folata di vento fresco penetra dalla finestra appiccicandole addosso la camicia da notte bagnata. Niente corridoio, niente porte, niente voragine profonda al posto delle scale. Solo il suo cuore che continua a battere forte come in sogno.
«Mamma!» sente fra i singhiozzi nel lettino accanto al suo, e si volta verso la sorella.
Si alza in piedi, prende in braccio la bambina e si avvicina alla finestra. Quel corpicino le si stringe come se volesse strisciarle dentro per trovarvi rifugio. Fuori è ancora completamente buio, dev’essere notte fonda.
Un alito di vento soffia dal Reno.
Si volta verso il letto, guarda la parte disfatta su cui era sdraiata, il cuscino intonso e la coperta accuratamente ripiegata accanto.
L’aria torna a sfiorarle la pelle, in modo quasi sarcastico, come a voler dire: io vengo dal Reno e conosco la risposta, ma tu non la saprai.
1
La casa sulla chiusa
Kings Langley, Hertfordshire
«Ci farebbe molto piacere averla con noi, Miss Cooper.» Lisciandosi il vestito color marrone scuro, la moglie del pastore si rivolse a Paula con sguardo cordiale. «Non avrei mai osato importunarla, sappiamo tutti quanto la impegni sua cugina, Miss Farley, nelle sue condizioni. Non appena il reverendo verrà a sapere dell’aiuto che ci dà, ne rimarrà entusiasta.»
Paula faceva fatica a immaginare il reverendo Cranston che si entusiasmava per qualcosa – fatta forse eccezione per le ricerche genealogiche condotte sui vecchi registri parrocchiali –; si limitò tuttavia ad annuire. «Sarei felice di poter contribuire anche in minima parte alla vostra serata.» Bevve un sorso del suo tè e prese un biscotto allo zenzero dal piatto che la moglie del pastore le aveva offerto con insistenza. «A cosa avevate pensato? Come ben sapete, non sono brava al pianoforte. E quanto alle mie doti canore…» Alzò le spalle rammaricata.
Mrs. Cranston si alzò sorridente e prese un libro appoggiato su un tavolino. «Per l’intrattenimento musicale non ha di che preoccuparsi, Miss Cooper. Il giovane Mr. Algernon Smith è un eccellente baritono e intonerà alcune ballate. Le sorelle Ingram si esibiranno in un duetto violino e pianoforte, e il vecchio Charlie Ross eseguirà con la cornamusa dei saggi scozzesi. Verrà anche allestita una mostra di acquerelli che ritraggono i nostri paesaggi.» Fece una pausa e guardò Paula con aria solenne. «Una volta l’ho sentita leggere in chiesa, Miss Cooper, e ne sono rimasta affascinata. Ha un tono stentoreo che ben si addice alla lettura ad alta voce. Ed ecco appunto la mia richiesta: vorrei che leggesse delle poesie. Lascio decidere a lei quali, sempre che voglia accettare.»
«Aveva già in mente qualcosa?» Paula indicò il libro che la moglie del pastore aveva appoggiato sul tavolo.
Mrs. Cranston dovette arrossire. «Mi ha scoperta. Ho messo un segnalibro.»
Paula aprì il volume rilegato in cuoio marrone e lesse con curiosità il frontespizio. Era la traduzione in inglese di una raccolta di poesie di un certo Heinrich Heine pubblicata sette anni prima. Sfogliò il volume fino alla pagina contrassegnata da un’esile striscia di cartone decorata da acquerelli con nontiscordardimé.
Mise il segnalibro sul tavolo e lesse il titolo: Il canto di Loreley.
«È una poesia sulla Germania?»
Mrs. Cranston assentì. «Ne avrà già sicuramente sentito parlare, della rupe sul Reno intendo.» Quando notò l’espressione disorientata sul volto di Paula, aggiunse: «Un’antica leggenda racconta di una bella donna che, seduta su una rupe, si pettinava i capelli dorati, distraendo così i naviganti sul Reno, i quali finivano per schiantarsi con le loro barche sugli scogli. Certamente una storia non molto cristiana, ma la poesia è così romantica! Mr. Cranston mi lancia sempre sguardi di biasimo quando leggo Heine, tuttavia saprà pur perdonarmi questo peccatuccio».
«Non la conoscevo, ma la leggerò volentieri. E ne cercherò anche un’altra magari più gradita al reverendo.»
Mrs. Cranston le mise la mano sul braccio con fare rassicurante. «Non si preoccupi, è un giudice clemente. Solo che Heine era ebreo e, politicamente, be’, diciamo un libero pensatore, tanto per usare un eufemismo. Tuttavia, speriamo che la nostra Loreley non dia scandalo.»
«Non vedo l’ora di leggere questa poesia» disse Paula, e lo pensava sul serio.
Non si era mai allontanata dall’Inghilterra e non sapeva granché della Germania. E inoltre non aveva mai sentito parlare di Heine.
Dopo essersi congedata uscendo dalla casa del pastore con in mano il libro, si fermò in strada rivolgendo lo sguardo al sole che emanava già a fine marzo un piacevole tepore. Avrebbe passeggiato ancora un po’ prima di rientrare a casa. Al solo pensiero di tornare a sedersi accanto alla cugina Harriet al buio della camera con le tende chiuse, le si serrava la gola.
Paula si incamminò per la via che portava al cimitero. Una semplice passeggiata rappresentava per lei un bene prezioso. Il prato di un verde brillante dopo le ultime piogge contrastava nettamente con la pietra grigia della chiesa. All Saints era un’antica pieve che risaliva addirittura al XIII secolo. Erano passati ormai dodici anni da quando Paula si era trasferita a Kings Langley come dama di compagnia, e il pastore non si era fatto sfuggire l’occasione di farle visitare lui stesso l’edificio. Allora le aveva anche mostrato dove si ergeva un tempo il palazzo reale dei Plantageneti. Paula lanciò un’occhiata al campanile spigoloso della chiesa incorniciato da merli che le davano più l’idea di un castello.
L’orlo della gonna strusciava sull’erba, ma lei non ci badò, godendosi il sole sulla schiena. E il fatto di essere sola.
Osservò le lapidi, alcune delle quali spuntavano dal terreno come denti storti, custodendo in eterno i propri segreti, poiché il tempo, inesorabile, si era inghiottito singole lettere o interi nomi dei defunti.
Sul vasto prato fiorivano i primi narcisi, e quando Paula si soffermò ad ammirarli, questi fugacemente le richiamarono alla memoria la poesia di Wordsworth.
Solingo andavo come una nuvola
che in alto vola su colli e prati,
e all’improvviso apparve un nugolo,
una miriade, di narcisi dorati.
L’aveva sempre amata. Ma impaziente al contempo di conoscere i versi che Mrs. Cranston aveva scelto per lei, si sedette su una panchina sotto una grossa quercia e aprì il libro.
Venne immediatamente catturata dalla prima strofa. Era come se qualcuno le avesse dato il la, e questo suono continuasse ora a riecheggiarle nella mente. E quando giunse agli ultimi versi, di colpo le si strinse il cuore.
Giunge al fin l’onda a ghermire
barcaiolo e barca… E guai!
Questo ha fatto col suo canto la fanciulla Loreley.
Ovviamente era tutto frutto della fantasia, una fiaba piena di violenza e tentazione, e tuttavia la attraeva in modo irresistibile. Più del finale tragico l’aveva colpita la seconda strofa.
L’aria è fresca e scende l’ombra,
scorre il Reno lentamente;
sopra il monte irradia il sole
declinando all’occidente.
In queste poche righe il poeta creava un’atmosfera e dipingeva a parole un quadro che a Paula risultò familiare, nonostante non fosse mai stata in quel luogo. Nella sua vita, in realtà, non c’era posto per la commozione, viveva e pensava in modo razionale; qualcuno doveva pur farlo. E tuttavia per quello che stava provando adesso non le veniva in mente parola più appropriata di “Sehnsucht”, desiderio struggente.
Tramontato il sole, l’aria si fece piuttosto fresca. Paula si avvolse nello scialle, e dopo essersi alzata dalla panchina si allontanò lentamente, non senza un ultimo sguardo ai narcisi.
Non c’era quasi nessuno per strada, solo un carro il cui rumore le permise di abbandonarsi ai suoi pensieri.
Amava i libri, ma quelli che trovava dalla cugina Harriet non si prestavano a stimolare la fantasia o a parlare al cuore e alla mente. C’era un discreto numero di manuali medici che Harriet studiava minuziosamente. Prediligeva anche la lettura di trattati di guaritori ed esperti di erbe che offrivano cure a domicilio in cambio di bei soldi. Paula non poteva fare a meno di pensare che i sintomi di cui Harriet soffriva aumentassero per numero e intensità di pari passo con quelle letture. I romanzi e le poesie, invece, non la interessavano affatto.
Paula doveva accontentarsi di cosa le offriva la vita di dama di compagnia. In ogni caso non le rimaneva molto tempo libero, poiché doveva star sempre a disposizione di Harriet e svolgere inoltre lavoretti in casa e in giardino.
«Nella nostra situazione un matrimonio vantaggioso è improbabile. E così potrai condurre una vita dignitosa senza lavorare ufficialmente per denaro» aveva spiegato a Paula la madre, quando dodici anni prima le aveva detto che si sarebbe trasferita da Londra nello Hertfordshire per tener compagnia, da allora in poi, a Harriet Farley. «Non devi assumerti la responsabilità di educare i figli di estranei o di abbassarti a un’occupazione disdicevole per una giovane donna. Mi dispiace farti trasferire, ma hai vent’anni, e non puoi continuare a vivere a lungo sotto lo stesso tetto con i miei inquilini.»
Quindi Paula tirò fuori il meglio dalla sua situazione. Prese in prestito dalle signore del posto libri che portava in camera sua senza farsi notare e che leggeva ogni volta che trovava il tempo.
Ora si premette sul petto il volume di poesie decisa a proseguirne la lettura quella sera. Avrebbe potuto dire semplicemente di essere stanca e ritirarsi presto, accendere una candela e attendere emozionata che nel suo bagliore il signor Heine tornasse a incantarla. Il desiderio struggente dal quale era stata pervasa riecheggiava dentro di lei, era come una puntura che non faceva più male ma di cui avvertiva ancora la presenza.
Spuntarono davanti a lei gli alberi che costeggiavano il canale, alcuni ancora quasi del tutto spogli, altri già ricoperti di un fogliame verde chiaro. I salici piangenti le ricordavano donne prostrate con i capelli che arrivavano a terra, e Paula si costrinse addirittura a scacciare i pensieri poetici.
Perché adesso doveva oltrepassare la chiusa, così stretta da doversi stringere il libro sottobraccio e afferrare con la destra la ringhiera, mentre con l’altra mano si teneva la crinolina affinché non si impigliasse da qualche parte. Avrebbe potuto prendere il ponte, ma nelle piccole cose a Paula piaceva contravvenire alle istruzioni della cugina Harriet, e così attraversò il canale su questa strada.
Poi spuntò la casa, grigia e circondata da un muretto in cui era sorprendentemente incassato un portone rosso. La porta era abbellita da una lanterna. Paula aveva proposto più volte di tinteggiare la casa di bianco perché assumesse un aspetto più accogliente, ma Harriet aveva insistito per il grigio, perché il suo “amato padre” l’aveva mantenuta così. Durante le giornate piovose di novembre sembrava confondersi con il paesaggio, come se ne venisse risucchiata insieme ai suoi abitanti. Il grigio diventava più tollerabile quando veniva contrastato dalla natura in fiore.
Era una dimora modesta con due finestre al piano terra e al primo piano, ampliata con un piccolo annesso sul retro. Harriet lo chiamava “giardino d’inverno”, anche se per lo più lo oscurava, impedendo persino alle piante di poche pretese di prosperare lì dentro.
Non aveva ancora oltrepassato il cancello che la porta di casa era già aperta. Carrie, la domestica, guardò nella sua direzione con aria preoccupata. Lei e Mrs. Wilby, la governante, erano impassibili e pazienti, qualità che spiegavano entrambe perché resistessero nella casa sulla chiusa da più tempo di Paula stessa.
«Miss Paula, è attesa con urgenza! Miss Farley è molto agitata, ha dovuto prendere delle gocce.»
Paula lanciò un ultimo sguardo agli alberi e al canale, fece dei respiri profondi ed entrò in casa, porgendo a Carrie non solo il cappello ma anche il libro.
«Portalo subito in camera mia per favore.»
La ragazza annuì e si dileguò in direzione delle scale.
«Mi sono preoccupata e, sentendomi soffocare, ho dovuto ricorrere alle gocce» annunciò la cugina Harriet, sostenuta dai cuscini sulla chaiselongue dov’era distesa. Indossava una vestaglia e una cuffia, e Paula si chiese se si fosse mai vestita o se avesse piuttosto passato l’intero pomeriggio così.
«Mi dispiace. Ho preso il tè da Mrs. Cranston e poi ho fatto una breve passeggiata. Era un tempo magnifico, finalmente è arrivata la primavera.»
Harriet allungò la mano per farsi aiutare da Paula a tirarsi su seduta.
«Mi verseresti un altro po’ di tè?»
Paula le dette la tazza di tè e poi si sedette in poltrona davanti a lei. Le tende erano chiuse, due lampade diffondevano una luce soffusa. C’era aria viziata, e odore pungente di chiodi di garofano e lavanda emanato da sacchettini di stoffa disseminati qua e là nella stanza. Il fuoco che divampava nel camino aumentava ancor più il calore. Paula si sbottonò il colletto della camicetta e si sventagliò.
«Ti sembrerà opprimente, ma chi è nella sofferenza sa apprezzare il caldo» disse Harriet posando la tazza.
«Ti porto i saluti di Mrs. Cranston, abbiamo parlato della vendita di beneficenza. E alla chiesa i narcisi sono già in fiore!»
Harriet sospirò. «Li vorrei vedere anch’io, ma dubito che domenica prossima riuscirò ad andare in chiesa. Puoi ritenerti fortunata, tu che sei sana. Dev’essere deprimente dividere la casa con un’invalida, lo so. Non sei più una ragazza, ma nemmeno un’anziana signora come me. Per questo ti incoraggio a stare fra la gente, purché questo avvenga entro certi limiti.»
Poiché Harriet sembrava ben disposta, Paula, attingendo a tutte le sue forze, provò a spingersi oltre. «Pensa, dopo la vendita ci sarà una serata di beneficenza. Il ricavato servirà per la nuova vetrata della chiesa. Mrs. Cranston mi ha chiesto di contribuire declamando alcune poesie.» Alzò timorosa lo sguardo verso Harriet. «Dice che ho una bella voce. Tu non ti sei mai lamentata, e quindi spero che tu condivida l’opinione di Mrs. Cranston.» Da quando viveva a Kings Langley, era sempre rientrato nei suoi compiti leggere a Harriet ad alta voce quando lei si sentiva debole o non voleva affaticare gli occhi.
«Certo.» Un breve indugio. «Se ti puoi preparare senza trascurare i tuoi doveri, non ho nulla da obiettare.»
«Mrs. Cranston ha già scelto una poesia, io ne devo cercare un’altra.»
«Ah sì? Qualcosa di spirituale?» domandò Harriet soffocando uno sbadiglio.
Paula non riuscì a trattenere un sorriso, ripensando alla giovane donna sulla rupe che portava la morte ai naviganti. «Non direi. È di un poeta tedesco e parla di una rupe sul Reno.»
Se Harriet non fosse stata così rilassata sulla sua chaiselongue, a Paula sarebbe sfuggito quel movimento, ma il suo tirarsi su di scatto, le spalle dritte e il mento sollevato, non passò certo inosservato. «Una rupe sul Reno?»
«Sì, Loreley. Si tratta di un’antica leggenda secondo la quale una bella donna lì seduta distrae i naviganti, facendoli sbattere contro gli scogli. Ha sorpreso anche me che Mrs. Cranston scegliesse una poesia del genere, ma poi l’ho letta ed è davvero bella. Non avevo mai sentito parlare né della leggenda né del poeta; devo assolutamente rimediare.»
La cugina Harriet si abbandonò di nuovo all’indietro, dando tuttavia l’impressione di essere più tesa del solito assumendo una certa serietà nello sguardo. «Prima di cena devo riposare ancora un po’. Se potessi lasciarmi sola, te ne sarei grata. Vorrai sicuramente approfittarne per pensare alle tue poesie.»
La camera di Paula era piccola, però era sua. La maggior parte dei mobili li aveva trovati già lì quando era arrivata, ma la poltrona alla finestra e la piccola scrivania se le era portate da casa. Lì sopra c’era una foto di lei con la madre – Mrs. Cooper seduta, Paula in piedi accanto a lei, i capelli ricci e un vestito cucito appositamente per l’occasione. Le era stato regalato per il suo ottavo compleanno e poi riadattato più volte man mano che cresceva. Il vestito era riposto nell’armadio con della carta velina e un sacchettino profumato perché era troppo prezioso per separarsene.
Margaret Cooper era presto rimasta vedova. Dava lezioni di pianoforte e si era sempre rammaricata del fatto che la figlia non avesse il suo stesso talento. Affittava inoltre due stanze della casa, in modo da assicurarsi di che vivere.
Paula accarezzò di sfuggita la cornice pensando alla madre a Londra che non vedeva da tanto…
L’ Autrice
SUSANNE GOGA (1967) vive in Germania a Mönchengladbach. Dopo una lunga esperienza come traduttrice, è diventata un’autrice bestseller di gialli e romanzi femminili a sfondo storico. Per Giunti sono usciti con grandissimo successo I misteri di Chalk Hill(2015) e I segreti di Riverview College (2016).