Vera gioia
è vestita di dolore
di
Anna Maria Ortese
A cura
di
Monica Farnetti.
Con una Nota
di Stefano Pezzoli.
“Vera gioia è vestita di dolore” Lettere a Mattia
Autrice: Anna Maria Ortese
Casa Editrice: Adelphi
data di pubblicazione: 27 giugno 2023
pagine: 159
TRAMA
Nel maggio del 1940, Anna Maria Ortese incontra a Bologna Marta Maria Pezzoli, giovane studentessa universitaria che gli amici chiamano Mattia. Nasce fra loro un’intesa, un’intimità che, come precisa la Ortese, è tenerezza di sorelle: «Ti sono così grata di essermi vicina in questo tempo difficile – sola sorella». Una tenerezza tanto più intensa in quanto fondata sulla dissimmetria: Mattia è malinconica, sollecita, assidua, percettiva, Anna Maria mutevole, tempestosa, non di rado silente, caparbiamente intenta a coltivare la sofferenza, sua «vera patria», a trasformarla in conoscenza, a trasfonderla in un lavoro che pure reca con sé dubbio e tormento: «Non ho sete che di gioia, di luce, d’amore. E tutto questo non c’è, fra le carte. Scrivere, è uguale al canto raccolto e disperato del mare, nelle insenature segrete. È il rifugio triste, non è la vita. Vorrei essere dove voi tutti siete» – ma capace anche di trasmettere all’amica la sua irrequietezza visionaria, in lettere di fiammeggiante bellezza. A cura di Monica Farnetti. Con una Nota di Stefano Pezzoli.
RECENSIONE
“La vita non va bevuta <<assoluta>>. Bisogna mescolarvi molta polvere e molto amaro,o lo splendore e la dolcezza di questa bevanda misteriosa ci ucciderebbero. Io ti auguro giorni buoni.”
Anna Maria
“Vera gioia è vestita di dolore” di Anna Maria Ortese, edito da Adelphi, è una preziosa raccolta di lettere che offre un affascinante sguardo nel mondo interiore dell’autrice attraverso la corrispondenza con la sua amica Marta Maria Pezzoli durante gli anni cruciali della Seconda Guerra Mondiale.
“E vivo, intanto, come una mendicante, delle briciole che mi cadono dalle mani della Armonia.”
L’ autrice, con una prosa sincera e coinvolgente, si apre completamente a Mattia (Marta Maria Pezzoli), come affettuosamente chiama la sua amica, condividendo con lei le gioie, i dolori e le riflessioni della sua vita quotidiana. Queste lettere non sono solo testimonianze storiche di un periodo tumultuoso, ma sono anche una finestra aperta sul cuore e sull’anima di una scrittrice straordinaria.
“Io amo chi mi vuol bene per la mia disperazione-quello sento fratello o sorella-quello amo. Spero che sempre, fino alla fine, Iddio mi faccia conoscere la santa disperazione, che porge alle creature il bicchiere d’ebrezza e apre loro gli occhi sul mare della realtà. Vera gioia, è vestita di dolore. Vero dolore, è vestito di gioia. Sentire, sentire, sempre più <<sentire>>. Io non desidero altro.”
L’intimità e l’empatia che traspare dalle pagine sono commoventi. Ortese emerge come un’amica premurosa e comprensiva, capace di trovare conforto nell’atto stesso di scrivere e condividere i propri pensieri. Attraverso le sue parole, emerge un ritratto di una donna sensibile, riflessiva e profondamente umana.
La mancanza delle risposte di Mattia non attenua l’impatto delle lettere. Al contrario, questa asimmetria nella corrispondenza aggiunge un elemento di mistero e intimità alla narrazione, invitando il lettore a immergersi ancora di più nell’universo emotivo di Ortese.
“Ma fatti tranquilla, Mattìa. Credo che il segreto stia nel corazzarsi d’indifferenza per i giorni dolci e gli amari, a nessuna cosa dare importanza, che non sia la nostra piccola anima.”
“Vera gioia è vestita di dolore” è un’opera consigliata non solo per i suoi meriti letterari, ma anche per la sua capacità di toccare il cuore dei lettori e di offrire una prospettiva unica sulla vita e sull’amicizia in tempi di guerra.
Una testimonianza di profonda complicità e sorellanza tra donne, forse qualcosa che spesso manca nella società attuale!
“Tu , ciò che devi fare di buono, di utile nella vita, la compagnia che ti devi procurare, necessarissima è questa: una te stessa attenta, libera, gentile. Sempre, in ogni momento, tu devi poter tornare a te stessa come alla compagnia più cara che ti sia dato immaginare. Coltiva te stessa: non ti parlo della mente, non del cuore: ti parlo della parte più segreta, la parte più immortale di te. Sempre attenta, sempre umile, sempre coraggiosa di fronte a te stessa. Fà che vi sia in te un angolo remoto e meraviglioso, quasi una casa in un bel giardino, sospeso su un abisso, dalle cui terrazza si ascolti l’urlo del mare e si seguano le apparizioni della luna e del sole.
Ti dico tante parole, Mattia, per persuaderti a coltivare, ad amare la tua personalità, l’unica fonte di gioia che ci sia concessa nella vita.”