“ Entrammo una alla volta. Dopo ore di attesa, in piedi nel corridoio, avevamo bisogno di sederci. La stanza era grande, le pareti bianche. Al centro un lungo tavolo di legno su cui avevano apparecchiato per noi. Ci fecero cenno di prendere posto.
Mi sedetti e rimasi cosi’, le mani intrecciate sulla pancia. Davanti a me, un piatto di ceramica bianca. Avevo fame.
Alle undici del mattino eravamo già affamate. Non dipendeva dall’aria di campagna, dal viaggio in pulmino. Quel buco nello stomaco era paura. Da anni avevamo fame e paura. E quando il profumo fu sotto il nostro naso, il battito cardiaco picchiò sulle tempie, la bocca si riempì di saliva…”
Dieci ragazze con un preciso compito: assaggiare le portate destinate al Führer . Dovevano fare da cavia, mangiare il cibo, per verificare che non fosse stato avvelenato. Erano state scelte senza avere nessuna caratteristica in particolare, dovevano essere sane e robuste e disposte a sacrificare la loro vita per Hitler, ma nonostante non fossero d’accordo, erano state scelte dalle SS. Non potevano opporsi.
Rosa Sauer si era appena trasferita da Berlino nella Prussia orientale per sfuggire alla guerra, in un paesino di nome Gross-Partsch, dove vivevano i suoi suoceri: Joseph e Herta.
Il marito di Rose, Gregor era partito per la guerra un anno dopo il loro matrimonio, a Berlino ormai era sola, i suoi genitori erano rimaste vittime dei continui bombardamenti , anche per questo motivo fu costretta a lasciare la città.
Una mattina, alcuni ufficiali delle SS si presentarono a casa dei suoceri, cercavano Rosa Sauer, quando si fece riconoscere, dissero che il Führer aveva bisogno di lei.
Le ordinarono di farsi trovare, la mattina, davanti casa, perché sarebbero passati a prenderla , non specificando il luogo della destinazione.
Dopo la visita degli ufficiali, con i suoceri pensarono ai vari tentativi di fuga che avrebbero potuto mettere in atto, ma alla fine si arresero, perché non esisteva possibilità che lei potesse sfuggire ai nazisti.
Il mattino seguente, come avevano promesso, andarono a prenderla con un pulmino: non era l’unica, durante il tragitto si fermarono a prelevare altre ragazze. Furono portate al quartier generale di Rastenburg, era un posto ben nascosto…
“La chiamavano Wolfsschanze, Tana del Lupo. Lupo era il suo soprannome. Sprovveduta come Cappuccetto Rosso, sono finita nella sua pancia. Una legione di cacciatori lo cercava. Pur di averlo in pugno, avrebbe fatto fuori anche me.”
Arrivate a destinazione, furono sottoposte a degli esami, perquisite e poi entrarono nella mensa e iniziarono ad arrivare le prime portate. Ogni ragazza aveva un piatto diverso, questo perché, se qualcuno avesse cercato di avvelenare Hitler, sarebbe stato piu’ semplice individuare quale fosse la portata contaminata. La fame era tanta, anche la paura, ogni boccone ingoiato poteva essere l’ultimo: ne erano consapevoli, nonostante ciò mangiavano di gusto,anche se non avevano altra scelta.
Di sera, ogni ragazza era accompagnata alla propria abitazione. Rientrata a casa, Herta fece trovare alla nuora la lettera di Gregor, dove le spiegava che stava sopravvivendo alla guerra e che sarebbe andato in licenza da loro per Natale. Furono tutti felici della bella notizia. Rosa si sentiva molto sola, lei che desiderava fortemente formare una famiglia con lui aveva tentato molte volte di persuadere il marito a non arruolarsi, ma lui era stato irremovibile sulla sua decisione di partire, pensava che fosse un suo dovere difendere la nazione.
La mattina successiva si ripresentò la stessa scena: Rosa salì sul veicolo, guardò i suoceri e salutandoli si chiese se li avrebbe piu’ rivisti.
Alla mensa la aspettavano nuove portate…
“ all’ inizio prendiamo bocconi misurati, come se non fossimo obbligate a ingoiare tutto, come se potessimo rifiutarlo, questo cibo, questo pranzo che non è destinato a noi, che ci spetta per caso, per caso siamo degne di partecipare alla sua mensa. Poi però scivola per l’ esofago atterrando in quel buco nello stomaco, e piu’ lo riempie piu’ il buco si allarga, piu’ stringiamo le forchette.
Lo strudel di mele è cosi’ buono che d’ improvviso ho le lacrime agli occhi, cosi’ buono che ne infilo in bocca brani sempre sempre piu’ grossi, ingurgitando un pezzo dopo l’ altro sono a gettare indietro la testa e riprendere fiato, sotto gli occhi dei nemici”.
Dieci donne, tutte provate da una guerra che non avevano voluto, donne alle quali il marito non aveva fatto ritorno, e le aveva lasciate sole ad accudire i loro figli, donne che speravano che il proprio marito prima o poi avrebbe fatto ritorno, per poterle riabbracciare e farle sentire amate. Ragazze che sognavano il grande amore, una volta finita la guerra. Donne che si nascondevano dal proprio destino, dal quale purtroppo non si può scappare.
Erano le assaggiatrici di Hitler, tutti i giorni condividevano la stessa paura, obbedivano agli stessi ordini, eppure solo in poche erano riuscite a creare dei legami tra loro, regnava la diffidenza, la paura di potersi confidare con le persone sbagliate, paura di non essere capite e giudicate male per le scelte che avevano fatto.
Rosa e i suoceri, purtroppo, poco prima dell’arrivo di Gregor ricevettero la notizia che l’uomo era stato dichiarato disperso, per loro fu straziante: da quel giorno tutti e tre cercarono di andare avanti, sopravvivendo.
Accaddero avvenimenti molto drammatici per alcune assaggiatrici.
La guerra ti fa perdere il contatto con la realtà, ti fa vivere una vita in sospeso con la speranza che tutto possa finire da un momento all’altro, che una volta finito questo calvario tutto possa tornare come prima. Le azioni compiute, giuste o sbagliate che siano, fatte in un momento di sconforto non si possono cancellare, rimangono indelebili, pronte a farti sentire in colpa ogni volta che se ne presenta l’occasione.
La guerra fini’, Rosa riusci’ a salvarsi grazie a un uomo che la aiutò a tornare nella sua Berlino dove per lei le sorprese non erano ancora finite…
Ho scoperto questo libro sui vari siti di blogger, davano tutti pareri positivi, e per curiosità ho voluto leggerlo anche io.
Leggendolo l’ho trovato intenso, scorrevole ed emozionante. L’autrice, Rosella Postorino ispirandosi alla storia vera di Margot Wolk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf) mi ha fatto scoprire una parte della storia che non conoscevo, nonostante avessi letto tanti libri sul periodo della Seconda Guerra Mondiale. Per questo motivo volevo ringraziarla, per aver deciso di condividere questa storia affascinante con noi.
Ho provato, per un attimo a immedesimarmi nel ruolo delle assaggiatrici, immaginando la fame, lo stomaco che brontola, avendo davanti a me un piatto fumante e succulento. Potendo scegliere, senza costrizioni o minacce di morte, avrei resistito? Avrebbe vinto la fame o la paura che mangiando quel cibo ne sarei rimasta vittima? Non lo so…
Titolo del libro: Le assaggiatrici
Autrice: Rosella Postorivo
Casa editrice: Narratore Feltrinelli
Genere: Narrativa letteraria
Pagine: 285
Rosella Postorivo, nata a Reggio Calabria nel 1978. Vive a Roma. Scrittrice. Ha esordito nel 2007 con “ La stanza di sopra” Neri Pozza . Ha vinto, nella selezione Opera Prima, il premio Rapallo Carige per la donna scrittrice. Un suo racconto si era fatto notare nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere, ( Einaudi 2004), Il corpo docile ( Einaudi 2013), la piéce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro ( in working for Paradise, Bompiani 2009) , Il mare in salita ( Laterza,2011) e Le assaggiatrici ( Feltrinelli 2018) col quale ha vinto il Premio Campiello 2018.