Il cielo piu’ azzurro
Autrice: Nadia Hashimi
Traduttore: Cristina Ingiardi
Casa editrice: Piemme
Genere: Romanzo
pagine:251
prezzo: 18,50
Trama
Hai dodici anni e sei nato in America. Tua madre è afghana e tutto ciò che sai di tuo padre è che una guerra stupida l’ha ucciso. Poi un giorno arriva la polizia, e vedi tua madre presa di forza e portata via, perché immigrata clandestina. La sua presenza è “illegale” nel paese dove tu sei nato, cresciuto, l’unico paese che puoi chiamare “casa”.
Comincia così la fuga di Jason, improvvisamente straniero a casa propria, per sfuggire alla polizia che ha preso sua madre, e per raggiungere New York, dove una zia è tutto ciò che gli resta della famiglia che credeva di avere.
Una vera e propria avventura, per un ragazzino, nella giungla di una città che si rivela molto più amichevole del previsto. Soprattutto grazie a Max: conosciuta per caso in una corsia d’ospedale, dove Jason finisce per uno svenimento, Max è una ragazzina molto speciale, pronta ad aiutarlo e a dargli saggi consigli.
Tra incontri bizzarri, nuove amicizie, paura e speranza, Jason riuscirà a ricongiungersi con la zia, e soprattutto a rivedere sua madre e a compiere quella che ormai è la sua missione: ricominciare daccapo, in America, con lei, che nel frattempo ha chiesto asilo politico. Perché nessuna legge può avere il potere di distruggere una famiglia.
Dall’autrice dei bestseller internazionali Due splendidi destini, Quando la notte è più luminosa e La casa senza finestre, amata anche da Khaled Hosseini, un libro urgente, vero, che affronta uno dei temi più tragici e spinosi del nostro tempo con una scrittura cristallina ed emozionante.
Recensione
“Sai perché le persone guardano il cielo quando pregano, Shah-jan? Sai perché issiamo le bandiere così in alto? Perché vogliamo toccarlo, quel cielo, quel cielo che da azzurro diventa violetto e poi rosa, e arancione. Puoi trovarci tutti i colori, nel cielo. Il sole, la Luna, le stelle, le nuvole. C’è posto per tutti quanti, nel cielo.”
“Il cielo più azzurro” è un romanzo che fa riflettere su vari punti della vita. L’autrice in questo libro ha scelto come personaggio principale un ragazzino di dodici anni, secondo me l’ha fatto perché solo attraverso gli occhi dei bambini siamo capaci di andare oltre le apparenze, di vedere il bello delle cose che ci appartengono, il positivo nelle cose che accadono e di avere ogni cosa in maniera limpida senza aver paura di lasciarci andare. Perché a volte la paura ci attanaglia, abbiamo paura di Vivere, di vivere in questa società dove ormai la paura regna da padrona.
Leggere questo romanzo apre la mente, e ci fa capire quanta sofferenza si cela dietro un’immigrazione. Il dolore che si prova a lasciare le proprie origini, le proprie tradizioni, la propria famiglia e vivere con il timore di non essere mai accettati.
Jason D. ha dodici anni e vive con la sua mamma in America. A causa della perdita del padre la loro vita ha preso una svolta diversa da come doveva andare.
La mamma di Jason sarebbe dovuta diventare medico, ma si ritrovò a lavorare in una lavanderia per accudire il figlio.
Rona è una donna forte, con un forte temperamento, si è trasferita in America quando era incinta di Jason, dopo la morte del marito, non potendo più tornare in Afghanistan, decide di crescere suo figlio da sola in terra straniera, mentre Jason è cittadino americano, Rona è clandestina, e a causa di ciò ha dovuto vivere una vita con il terrore che qualcuno potesse denunciarla e separarla da suo figlio.
Rona decide di raccontare tutto a Jason, di rivelargli la sua clandestinità. Jason non poteva credere che sua mamma fosse una fuori legge e la colpevolizzava per questo. Il ragazzo si chiedeva cosa sarebbe successo se l’avessero scoperta.
<<Devi capire>> mi dice ora. Parole lente, pacate, ma sincere. <<Se mi trovano, mi diranno di andare. Ma tu devi restare. E se questo succederà, ogni mio respiro avrà lo scopo di smuovere la montagna che ci separa.>>
Purtroppo quel maledetto giorno arrivò, e Jason ne fu spettatore, non riuscì a reagire contro quegli uomini che stavano portando via sua madre chissà dove, una cosa era certa la stavano portando lontana da lui.
Per Jason iniziò una serie di avventure. Sua mamma aveva una amica a New York, che per il ragazzo era come una zia , e l’unico posto sicuro dove potesse andare era proprio a casa di zia Seema.
Jason prima della fuga, ha un piccolo incidente è portato in ospedale, dove incontra Max, una bambina con una realtà diversa dalla sua, una bambina speciale, “ Una combattente” con tanta voglia di scoprire ciò che la vita ha da offrirle. Max si trova in ospedale per subire un importante intervento. I due bambini diventano subito complici.
Jason racconta la sua storia alla ragazzina, che subito programma la fuga: lei che a causa dei suoi problemi di salute è stata sempre sottoposta a una vita piena di attenzioni e di proibizioni aveva voglia di evadere, di vivere senza mezze misure, di stare tra la folla di vedere New York di non pensare alla sua malattia, si propone di accompagnare Jason dalla zia, ideando una fuga, il ragazzo accetta senza pensare alle conseguenze.
Tra i due nasce una bellissima amicizia, tante avventure vivranno per raggiungere il loro traguardo e quando in Jason prendeva il sopravvento la paura di andare avanti nella missione, ecco che Max interveniva con la sua forza di volontà, il suo coraggio, fonti che aveva dovuto trovare in lei per sopravvivere al suo stato.
“Max e io abbiamo finto un sacco di cose, oggi. Abbiamo finto di essere impegnati in una raccolta fondi. Abbiamo finto che i nostri genitori fossero appena dietro di noi. Abbiamo finto di essere forti, coraggiosi, normali.
Ma, per quanto ci proviamo, no riusciamo a fingere che dentro di noi qualcosa non vada in pezzi…”
Jason, durante la sua fuga, incontra un’altra bambina, che lo aiuta ad arrivare alla meta e lo incoraggia con la sua ingenuità.
“Sarà davvero possibile essere due cose contemporaneamente? Posso essere americano e afghano? Certo non sono nato in quel paese, ma al momento mi sto nascondendo in un furgoncino proprio a causa di quello che è successo là. Il cibo che mangio è afghano, la musica che ascolto è afghana, la festa che assetto con impazienza per ricevere i regali è Eid, non Natale né Hanukkah.
Eppure sono anche americano. Seguo il campionato di basket e assisto alla parata del giorno del Ringraziamento. I miei cibi preferiti sono maccheroni al formaggio e torta di mele. Durante le olimpiadi faccio il tifo per la squadra americana. Capisco qualche parola in dari, ma, di fatto, parlo solo inglese. Tutto ciò non fa di me un americano?”
Jason è figlio di genitori emigrati nato in America. Ci si può sentire entrambe le cose? Certo, e oggi abbiamo molte testimonianze a riguardo, è così interessante conoscere le culture e le usanze di altri popoli, ci arricchisce.
Purtroppo oggi nel mondo a causa di alcuni avvenimenti, noi paesi occidentali ci siamo chiusi, e viviamo nel terrore. Ma non dobbiamo fare di tutta un’erba un fascio. Ci sono immigrati che sono persone dai sani principi, che scappano dai loro luoghi contro la propria volontà, a causa della guerra o della povertà, che vorrebbero poter vivere nelle loro terre, ma non possono.
Questa storia ci fa riflettere su come per i bambini sia tutto diverso, per loro non esiste essere afghano, africano, italiano, portoricano, loro nel momento del bisogno si sono coalizzati per aiutarsi, e dovremmo imparare da loro. Non tutti gli emigrati sono persone cattive, anche noi italiani abbiamo emigrato, ci sono italiani che non si sono comportati da cittadini modello, hanno invaso l’America non rispettando la legge , ma ci sono state anche brave persone, che in America hanno lavorato duro contribuendo anche loro nel renderla una Nazione ricca e prolifera.
“Il cielo più azzurro” ci fa capire che siamo figli dello stesso cielo, che se alziamo lo sguardo in qualsiasi posto ci troviamo, nazione, continente il cielo è uguale per tutti, certo in alcuni posti esistono cieli poco sicuri e noi dobbiamo impegnarci per fare in modo di aiutare chi è in difficoltà, perché anche noi potremmo ritrovarci un giorno com’è successo in passato a dover abbandonare il cielo sotto il quale siamo cresciuti per andare in altri posti, la vita è imprevedibile.
Una lettura emozionante, scorrevole e che rivela un importante messaggio. Non è un libro scritto per ragazzini, la scrittrice Nadia Haschimi li usa come interlocutori, perché solo attraverso i loro occhi possiamo scoprire le meraviglie del mondo…
“A tutti voi super eroi che reggete questo libro nelle vostre più che capaci manine: il mondo vi metterà alla prova, in modi più o meno grandi. Forse l’ha già fatto. Sappiate che niente vi definisce se non il vostro cuore e le vostre azioni. Quando verrà il momento, lanciatevi e abbagliate il mondo con questi vostri super poteri.”
“Siamo tutti rami dello stesso albero”. Hafez
Nadia Hashim è nata a New York da genitori Afghani, , emigrati in America nei primi anni Settanta, ed è cresciuta circondata da una numerosa famiglia che ha tenuta viva la cultura del paese d’origine.
Nadia oggi vive in Maryland con il marito e quattro figli, ed è pediatra e attivista.
Ha esordito con il romanzo “Due splendidi destini” (Piemme,2015), che è stato un successo del passaparola, elogiato tra gli altri anche da Khaled Hosseini.