Contro un mondo senza nome
Autrice: Susan Abulhawa
Traduzione di: Giulia Gazzelloni
Casa Editrice: Feltrinelli
Data di pubblicazione: 4 giugno 2020
pagine: 368
Nahr è rinchiusa nel Cubo: tre metri quadrati di cemento armato levigato, privata di ogni riferimento di tempo, con i suoi sistemi di alternanza luce e buio che nulla hanno a che vedere con il giorno e la notte. Vanno a trovarla dei giornalisti, ma vanno via a mani vuote, perché Nahr non condividerà la sua storia con loro. Il mondo lì fuori chiama Nahr una terrorista e una puttana; alcuni forse la chiamerebbero una rivoluzionaria o un esempio. Ma la verità è che Narh è sempre stata molte cose e ha avuto molti nomi. Era una ragazza che ha imparato, presto e dolorosamente, che quando sei un cittadino di seconda classe l’amore è un solo tipo di disperazione; ha imparato, sopra ogni cosa, a sopravvivere. Cresciuta in Kuwait, è una ragazza arrivata in Palestina con le scarpe sbagliate e che, senza andare a cercarseli, trova scopi, passione politica, amici. E trova un uomo dagli occhi scuri, Bilal, che le insegna a resistere; che prova a salvarla ma quando è già troppo tardi. Nahr si mette seduta nel Cubo e racconta la storia a Bilal. Bilal che non è lì, che forse non è più neanche vivo, ma che è la sua unica ragione per uscire fuori.
‘Abbandonare i dettami del calendario mi ha aiutato a capire che il tempo non è reale; che in assenza di speranza o di aspettative non ha logica. Il Cubo è fuori dal tempo. Contiene invece una voragine spalancata senza nome né presente, futuro o passato, che riempio con l’immaginazione o con i ricordi.’
Nahr è una ragazza kuwaitiana di origini palestinesi.
All’inizio del libro, ci vengono rivelate solo poche informazioni sul suo conto: la protagonista ci racconta la monotonia del trascorrere dei giorni rinchiusa in una cella di un carcere chiamato “Il Cubo”. Avendo perso ormai la cognizione del tempo i giorni sono quasi tutti uguali, con rare visite solo da parte di reporter o attivisti per i diritti umani interessati al suo passato. Piano piano inizia a scrivere, riesumando ricordi di una vita ormai passata che non potrà mai più raggiungere.
‘<<Il mondo in cui vivi la tua vita nella nostra cultura, senza scuse né vergogna, seppur con un velo di tristezza, ti rende straordinaria e speciale, Nahr. Tu sei una rivoluzionaria, più di ognuno di noi, e la cosa curiosa è che non te ne rendi neanche conto>>, mi disse. La cosa ancora più curiosa, pensai, era che soltanto in quel momento trascorso lì con lui, in cui mi ero sentita davvero capita e apprezzata, forse persino amata, non avevo provato vergogna.’
Da qui il lettore si immerge completamente nella sua vita, partendo dal principio, dalle sue origini e scoprendo le varie vicissitudini e repentini cambi che l’hanno caratterizzata, giungendo infine al motivo per cui è stata imprigionata dall’esercito israeliano. Il libro è quindi una specie di lascito di una prigioniera politica che racconta non solo la sua vita travagliata ma anche i tempi in cui è vissuta, i paesi in cui si è dovuta spostare e i relativi conflitti tra questi. I principali paesi in questione sono Kuwait, Iraq, Giordania, Palestina, Israele ed Egitto. La protagonista è stata fin da piccola una rivoluzionaria e una ribelle dal carattere forte che, nonostante tutte le ingiustizie súbite, non si è mai arresa e ha continuato ad avere speranza per un mondo migliore.
‘Per coloro che amiamo, nulla è un disturbo e tutto non è mai abbastanza’
Una storia cruda ma al contempo affascinante in quanto il lettore è coinvolto nelle diverse esperienze di Nahr, dalle quali ne assimila maggiori nozioni riguardanti la cultura di determinati paesi ed i contrasti tra di essi.
‘Oltre allo shock, ricordo di essermi chiesta come la morte potesse essere l’unica certezza della vita e nel contempo la sorpresa più grande e più devastante.’
Il libro