In tutte le librerie e on-line dal 23 Giugno 2021
Ai primi posti delle classifiche del New York Times
Un grande thriller
«Imperdibile fino all’ultima pagina.»
«Un viaggio nell’abisso più oscuro.»
Quanto saranno disposte a sacrificare per scoprire la verità sul loro marito?
Il marito di Thursday, Seth, ha altre due mogli. Lei ne è al corrente, ma non le conosce.
Non sa assolutamente niente di loro, e neppure le interessa, perché è pazza di lui. Tra loro c’è un patto: Thursday non tenterà mai di avvicinarsi alle altre due, e in cambio avrà Seth tutto per sé una volta alla settimana. Non è certo il matrimonio perfetto, ma è un sacrificio che lei è disposta ad accettare. Eppure, la curiosità sa essere più forte di qualsiasi promessa e quando Thursday trova tra i vestiti del marito una ricevuta con su scritto il nome di una di loro, decide di provare a mettersi in contatto con la fantomatica “Hannah”. Scoprirà così che Seth non è l’uomo meraviglioso che finge di essere, e che nasconde molti più segreti di quanti lei potesse immaginare…
Ai primi posti della classifica dei libri più venduti del New York Times
In corso di traduzione in 22 Paesi
Mezzo milione di copie vendute negli Stati Uniti
«I fan di L’amore bugiardo di Gillian Flynn adoreranno Tre mogli.»
USA Today
«Mentre conduce i lettori attraverso la complicata vita di Thursday, Tarryn Fisher insinua nel lettore il dubbio che la protagonista sia preda della paranoia… Gli amanti della suspense saranno ben ricompensati.»
Publishers Weekly
«Una trama intrigante, che si nutre di colpi di scena ben orchestrati, allontanando i lettori da una verità estremamente sfuggente.»
Booklist
«Fisher è una scrittrice da tenere d’occhio.»
Kirk
Per Colleen
Capitolo uno
Arriva ogni settimana di giovedì. Quello è il mio giorno, io sono Thursday, giovedì, per l’appunto. È un giorno pieno di speranze, nel bel mezzo di altri più importanti; non è un inizio né una fine, ma una pausa. Un antipasto in vista del fine settimana. Ogni tanto penso agli altri giorni e mi domando se anche loro pensino a me. Le donne sono fatte così, giusto? Pensano sempre alle altre, sguazzando in un misto di curiosità e cattiveria. E non ci giova affatto; se pensi troppo, fraintendi tutto.
Apparecchio per due. Un po’ brilla, prendo le posate e rifletto su dove vadano secondo il galateo. Mi passo la lingua sui denti e scuoto la testa. Che sciocca; questa sera saremo solo io e Seth, per una romantica cenetta casalinga. Non potrebbe essere altrimenti, visto che non usciamo spesso per il rischio di essere visti insieme. È difficile da immaginare… non voler essere vista con tuo marito. O tuo marito che non vuole farsi vedere con te. Mi sono riscaldata con un po’ di vodka e i miei movimenti sono sciolti e disattenti. Nel sistemare una forchetta accanto a un piatto, per poco non rovescio il vaso di fiori: un mazzo di rose di un rosa pallidissimo. Le ho scelte per l’allusione sessuale perché, quando ti trovi in una posizione come la mia, è essenziale essere sempre al top della forma in quest’ambito. Guarda questi petali, delicati e rosa. Ti fanno pensare al mio clitoride? Bene!
A destra dei fiori che ricordano la vagina ho messo due portacandele d’argento con delle candele bianche. Una volta mia madre mi ha detto che, alla fioca luce di una candela, una donna può dimostrare quasi dieci anni di meno. Mia madre ci teneva a cose del genere. Ogni sei settimane si faceva iniettare trenta cc. di Botox nel derma sulla fronte. Era abbonata a ogni rivista patinata di moda esistente e collezionava libri su come tenersi un marito. Nessuno si sforza tanto per tenerselo a meno che non l’abbia già perso. La ritenevo una persona superficiale, quando ancora la realtà non aveva intaccato i miei ideali. Il mio piano era di diventare tutto fuorché come lei: volevo essere amata, avere successo, dei bellissimi bambini. Ma la verità è che i desideri più profondi sono una semplice corrente rispetto alla marea delle nostre qualità innate e acquisite. Puoi passare tutta la vita a nuotare controcorrente ma, prima o poi, ti stancherai e il flusso dei geni e dell’educazione ricevuta ti trascinerà a fondo. Io sono diventata più come lei e meno come me.
Aziono l’accendino con il pollice e avvicino la fiamma allo stoppino. È uno Zippo, con stampata sopra una bandiera britannica ormai sbiadita. La fiammella crepitante mi ricorda il breve periodo in cui fumavo. Più che altro per tirarmela, perché non ho mai aspirato, ma avevo bisogno di vedere la ciliegina incandescente appena oltre la punta delle dita. Sono stati i miei genitori a comprarmi i portacandele, che avevo visto in un catalogo di Tiffany, come regalo di inaugurazione della casa. Mi erano sembrati inevitabilmente distinti. Quando sei una sposina, ti basta vedere due candelabri per immaginare una vita di cenette ad accompagnarli. Cene come quella di stasera. La mia vita è quasi perfetta.
Mentre piego i tovaglioli, guardo fuori dalla finestra, verso il parco che si estende sotto di me. Fuori il cielo è grigio, tipico di Seattle. È proprio per la vista che ho scelto questo appartamento rispetto a quello più grande e più bello affacciato su Elliott Bay. In molti avrebbero preferito la distesa d’acqua, ma io preferisco vedere la vita degli altri. Su una panchina siede una coppia attempata, intenta a fissare il sentiero su cui, a intervalli di qualche minuto, sfilano ciclisti e persone che fanno jogging. Non si toccano, anche se muovono la testa all’unisono quando passa qualcuno. Chissà se un giorno anche io e Seth saremo così. Subito arrossisco al pensiero delle altre. È difficile immaginare il futuro se devi tenere in conto le altre due donne con cui condividi tuo marito.
Tiro fuori la bottiglia di pinot grigio che ho comprato prima. L’etichetta è insulsa, non salta all’occhio, ma il commesso dall’aria austera che me l’ha venduto ha descritto il gusto nel dettaglio, sfregandosi le dita mentre parlava. Sono passate poche ore, eppure non ricordo le sue parole. Ero distratta, concentrata sulla ricerca degli ingredienti. Cucinare è l’unico modo per essere una moglie, così mi ha insegnato mia madre.
Faccio un passo indietro e contemplo l’opera. Nel complesso è una bella tavola ma, dopotutto, sono la regina della presentazione. È tutto perfetto, come piace a lui e, di conseguenza, come piace a me. Non che non abbia una mia personalità; semplicemente, ciò che sono è solo per lui. Come è giusto che sia.
Alle sei in punto, sento girare la chiave nella serratura e poi il cigolio della porta che si apre. La sento richiudersi e poi le sue chiavi poggiate sul tavolo nell’ingresso. Seth non è mai in ritardo e, se hai una vita complicata come la sua, l’ordine è importante. Ravvio i ricci che mi sono fatta con estrema cura e, dalla cucina, vado in corridoio a salutarlo. Con qualche gocciolina di pioggia intrappolata sulla punta dei capelli, sta guardando le buste che tiene in mano.
«Hai preso la posta! Grazie». Sono imbarazzata dall’entusiasmo nella mia voce. È solo la posta, per l’amor del cielo.
La appoggia sul tavolo in marmo accanto alle chiavi e sorride. Avverto un fremito nella pancia, di calore ed eccitazione. Mi abbandono contro il suo corpo imponente, inspiro il suo profumo e gli affondo il viso nell’incavo del collo. Ha un bel collo, abbronzato e largo, che sostiene la testa con una zazzera di capelli e un viso bello secondo i canoni tradizionali, con un malizioso accenno di barba. Mi accoccolo contro di lui. Cinque giorni senza l’uomo che ami sono tanti. Da giovane, ero convinta che l’amore fosse un peso. Come si fa a combinare qualcosa se pensi a qualcun altro in ogni secondo della giornata? Quando ho conosciuto Seth, tutte le mie convinzioni sono andate a farsi benedire. Sono diventata mia madre: fin troppo affettuosa, remissiva, sempre pronta ad aprire le braccia e le gambe, emotivamente e sessualmente. Ne sono rimasta emozionata e nauseata al tempo stesso.
«Mi sei mancato», gli dico.
Lo bacio sotto al mento, poi nel punto sensibile sotto l’orecchio e infine mi sollevo in punta di piedi per arrivare alla bocca. Bramo la sua attenzione e lo bacio a fondo e con foga. Gli sfugge un gemito gutturale e lascia cadere per terra la valigetta con un tonfo. Mi cinge con le braccia.
«Che bel modo di salutarmi», commenta. Muove due dita lungo la mia colonna vertebrale, come se stesse suonando un sassofono. Mi massaggia piano, facendomi strusciare contro di lui.
«Ne conosco uno migliore, ma è pronta la cena».
Il suo sguardo si offusca e io gongolo in silenzio. Sono riuscita a eccitarlo in meno di due minuti. Vorrei dire Prova a battermi, ma a chi? Avverto una strana sensazione allo stomaco, come un nastro che si srotola all’infinito. Cerco di afferrarlo prima che si allontani troppo. Perché devo sempre pensare a loro? La chiave perché tutto questo funzioni è non farlo.
«Che cosa hai preparato?». Si sfila la sciarpa e me la passa intorno al collo, tirandomi a sé per un altro bacio. Grazie alla sua voce calda, mi riscuoto dal freddo torpore in cui ero piombata e metto da parte le emozioni, decisa a non rovinare la serata insieme.
«Che profumino».
Con un sorriso, mi avvio sculettando verso la sala da pranzo; ancheggio un po’ per accompagnare la cena. Mi fermo sulla soglia per osservare la sua reazione davanti alla tavola.
«Riesci a rendere tutto bellissimo». Allunga verso di me le mani forti e abbronzate, con le vene in rilievo, ma io mi ritraggo per scherzo. Alle sue spalle, il vetro della finestra è bagnato di pioggia. Lancio un’occhiata fuori; la coppia sulla panchina non c’è più. Chissà che cosa li aspetta a casa. Del cinese d’asporto? Una zuppa in scatola?
Vado in cucina, accertandomi di avere addosso lo sguardo di Seth. So per esperienza che, per attirarlo, basta muoversi nel modo giusto.
«Carré d’agnello», rispondo senza voltarmi. «E couscous…».
Prende la bottiglia dal tavolo e, tenendola per il collo, osserva l’etichetta. «È un buon vino». Seth non dovrebbe bere; con le altre non lo fa. Per motivi religiosi. Con me fa un’eccezione e la considero l’ennesima piccola vittoria. Gli ho fatto scoprire i rossi corposi, i merlot e gli chardonnay con la loro acidità. Da ubriachi, ci siamo baciati, abbiamo riso e abbiamo scopato. Solo con me; con le altre non l’ha mai fatto.
È stupido, lo so. Ho scelto io questa vita e non ruota intorno alla competizione, ma piuttosto intorno alla cura dell’altro, però, quando ci sono di mezzo altre donne, non puoi
fare a meno di tenere il punteggio.
Quando torno dalla cucina reggendo la cena con due strofinacci, lui ha versato il vino e lo sta sorseggiando guardando fuori dalla finestra. Sotto il nostro appartamento al dodicesimo piano, la città ferve per il suo ritmo notturno. Davanti al parco passa una strada trafficata. Sulla destra, appena fuori dalla visuale, c’è lo Stretto di Puget, costellato di barche a vela e traghetti d’estate e avvolto nella nebbia d’inverno. Si può vedere dalla camera da letto: una distesa di acqua a tratti immobile, a tratti mossa dalla corrente. La perfetta vista su Seattle.
«Non mi importa della cena», dice lui. «Ti voglio adesso». Usa un tono perentorio; Seth non lascia spazio alle richieste. È una caratteristica che gli è stata utile in ogni ambito della vita.
Appoggio i piatti da portata sul tavolo. La fame è stata sostituita da un altro tipo d’appetito. Lo osservo spegnere le candele, senza staccare gli occhi da me, e poi mi avvio verso la camera, abbassando la cerniera del vestito mentre cammino. Lo faccio con calma, perché lui possa guardare mentre mi tolgo lo strato di seta. Lo sento alle mie spalle: la sua forte presenza, il calore, il pensiero di ciò che mi aspetta. La mia cena perfetta si raffredda in tavola, il grasso dell’agnello si rapprende sull’orlo del piatto da portata in sfumature arancioni e color panna mentre mi libero del vestito e mi chino in avanti, affondando con le mani sul letto. Sprofondata fino ai polsi nel piumino di piume d’oca, le sue dita mi afferrano i fianchi e si insinuano sotto l’elastico delle mutandine. Me le abbassa fino alle caviglie e le calcio via.
Un rumore metallico e poi il fruscio della cintura che si sfila. Lui non si spoglia; c’è solo il suono attutito dei pantaloni che scivolano fino ai piedi.
Più tardi, riscaldo la cena nel microonde, avvolta nella vestaglia. Mi sento pulsare tra le gambe e ho un rivolo di sperma sulla coscia; sono dolorante, ma nel miglior senso possibile. Gli porto il piatto sul divano, dove è sdraiato a torso nudo con un braccio sopra la testa: l’incarnazione della stanchezza. Per quanto mi sforzi, non riesco a togliermi un sorrisetto dalle labbra. Un sorriso da scolaretta, una breccia nella mia facciata abituale…
Tarryn Fisher è un’autrice bestseller di «New York Times» e «USA Today». Ha scritto sedici romanzi. Vive attualmente a Seattle con il marito, i figli e il suo husky. Adora usare Instagram per essere sempre in contatto con i suoi lettori.
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