“Perdersi” di Elizabeth Jane Howard edito da Fazi Editore in tutte le librerie e on-line. Estratto

Trama

Henry è un ultrasessantenne solo e piuttosto male in arnese, che vive sulla barca di una coppia di amici. La sua è stata un’esistenza sfortunata e apparentemente segnata dalla crudeltà delle donne. Lettore e pensatore, è un uomo privo di mezzi, ma non di fascino. Daisy è una drammaturga di successo, anche lei ha superato i sessant’anni e conduce una vita piuttosto solitaria in un piccolo cottage di campagna con giardino che ha da poco acquistato, dove contempla l’enorme vuoto affettivo che nessun uomo ormai riempirà più, nonostante una parte di lei continui a desiderare di essere amata ancora una volta. Quando Henry si offre come giardiniere, all’inizio Daisy è diffidente, ma poi gli consente di insinuarsi pian piano nella sua vita quotidiana: bisognosa com’è di affetto e attenzione, abbocca facilmente al suo amo. La tensione sessuale tra i due cresce in modo graduale, fino a che Daisy ne è obnubilata e non è più in grado di vedere Henry per quello che realmente è, nonostante i suoi amici e sua figlia, perplessi e sospettosi, continuino a metterla in guardia…
In questo nuovo romanzo l’autrice della saga dei Cazalet condivide, seppure in forma romanzata, un’esperienza tragica vissuta in prima persona; Elizabeth Jane Howard si mette a nudo e lo fa con una sincerità e un’umiltà davvero commoventi. Perdersi, ritratto magistrale di un plagio psicologico e scavo profondo dentro una mente malata, è una testimonianza preziosa e conferma, ancora una volta, il suo grande talento nel raccontare.

«L’inizio di Perdersi è brillante, forte, ti cattura immediatamente. Che complessa voce maschile viene presentata: corrosiva, consapevolmente subdola (perfida, addirittura cattiva) oltre che autoingannatrice».
Sybille Bedford

«Un romanzo cosparso di tocchi delicati ma al tempo stesso impossibile da mettere giù, come un thriller».
«The Times»

«Racconta una storia che cattura, con un crescendo di tensione che tiene il lettore agganciato fino all’ultima pagina».
«Sunday Express»

Estratto

A mia figlia Nicola

1
Henry

Mi ha lasciato. Quest’ultimo colpo, il più tremendo di tutti, mi ha messo al tappeto. Non riesco a soffermarmi su questo pensiero abbastanza a lungo da farmi un’idea pur vaga del perchésia accaduto. Era innamorata di me – ne sono certo – oppure si trattava di semplice attrazione sessuale? Credevo che la mia considerevole esperienza in fatto di donne – in fondo ho più di sessant’anni – mi avesse insegnato quanto siano incredibilmente diverse dalla maggior parte degli uomini. Mi escludo dalla maggioranza di essi perché ritengo di aver sempre posseduto una comprensione intuitiva delle donne di cui mi sono innamorato. Sono relativamente poche, ma le ho conosciute meglio di quanto esse stesse si conoscessero. Adesso ritengo che, se ho sempre fatto fatica ad andare d’accordo con gli uomini, è perché ciò che so sul loro conto l’ho appreso principalmente dalle donne. Dalle loro confidenze, a volte semplicemente da come reagiscono, ho capito già molti anni fa con quanta poca cura siano trattate, come la precoce e affascinante consapevolezza della loro sessualità e delle loro inclinazioni romantiche sia troppo spesso soffocata sul nascere. Nascono così le fanciulle di ghiaccio, le arpie, le ninfomani, i grigi angeli del focolare e le madri di famiglia isteriche e sentimentali. La responsabilità di tali tristi risultati è degli uomini, e per questo io li critico, così come tutti criticano i genitori se i figli diventano delinquenti.

Ho avuto la fortuna e ovviamente il piacere di poter rimediare ad alcuni di questi danni; anzi, posso dire in tutta onestà che la più grande gioia della mia vita sia derivata dall’aver reso felice una donna, insegnandole a vivere il suo corpo con piacere e orgoglio. A un simile risultato non si arriva con le semplici prodezze sessuali. Non ho modo di confrontarmi con le prestazioni di altri uomini né mi interessa farlo, dico solo che i miei risultati derivano da un insieme di affetto, cura e amorevolezza che non può essere dato per scontato e che quando è presente richiede di essere espresso con costanza. Le donne non hanno soltanto bisogno di essere amate, ma anche di sentirselo dire. Mi sembra che George Eliot avesse un’opinione ben precisa in proposito.

E allora mi chiedo: con tutte le cose che so, com’è possibile che mi abbia lasciato? Perché l’ha fatto? Cosa l’ha spinta a gettare alle ortiche la sua felicità? Insieme alla mia, è chiaro: anche io ho molto da perdere, secondo alcuni più di lei, da questo allontanamento.

Ho impiegato mesi a trovarla; ci sono voluti tempo e ingegno per combinare un incontro, poi altri mesi e montagne di lettere per rassicurarla che ero quello giusto. Devo confessare che all’inizio di tutto non ero affatto sicuro che ci sarei riuscito. La consideravo un po’ una sfida, ma ho un carattere romantico e avventuroso, e in quel momento non avevo niente da perdere. Nell’arco di pochi mesi, infatti, mi ero ritrovato senza lavoro e senza moglie. Nonostante si trattasse di eventi più fastidiosi che tragici, il fatto che si fossero verificati contemporaneamente rendeva la cosa assai spiacevole, perlomeno da un punto di vista finanziario. In un istante mi ero ritrovato solo e indigente.

Vivevo da due anni in un piccolo cabinato appartenente a una coppia che si era trasferita all’estero lasciandomi il compito di venderlo per loro. Ricevo una pensione, che per un certo periodo ho arrotondato sottraendo di nascosto piccole somme dal conto bancario che condividevo con Hazel. Sono proprio contento di essermi liberato di quell’arida impicciona con la mania del controllo. Aveva da ridire su qualsiasi cosa facessi, ma per fortuna il suo lavoro sicuro e ben pagato la teneva sempre occupata, così negli ultimi anni del nostro matrimonio non abbiamo dovuto trascorrere molto tempo insieme. Il rancore che mi serbava perché non guadagnavo quanto lei – ma soprattutto perché sentiva di non contare niente per me – si esprimeva con periodici scoppi di una rabbia amara, così che nel tempo la mia indifferenza nei suoi confronti si è cristallizzata in un sentimento molto simile all’odio. Andare a vivere in barca fu un sollievo. Finalmente potevo restarmene a letto per tutta la mattinata se mi andava, mangiare quello che mi pareva quando ne avevo voglia, leggere per tutta la notte e sapere che le mie carte erano al sicuro. Le persone interessate all’acquisto del cabinato erano pochissime e non ci voleva molto a scoraggiarle. Prima che arrivassero per visitarlo riempivo le sentine, poi spiegavo loro che era tutta la mattina che cercavo di svuotarle con la pompa e che ogni giorno era la stessa storia. Per riparare lo scafo sarebbe bastato tirare l’imbarcazione in secca, ma a quel punto chissà quali altri problemi sarebbero spuntati fuori. La mia franchezza era molto apprezzata, e la cosa finiva lì. Non provavo alcun senso di colpa: in fondo i proprietari possedevano una casa dove, al loro ritorno, l’anno successivo, sarebbero andati a vivere. Ero soddisfatto. Non sono il tipo che si annoia; se mi mancava la compagnia, andavo al pub del paese.

Una volta a settimana prendevo l’autobus e andavo in biblioteca a restituire i libri e a prenderne di nuovi. Per un anno non feci altro che leggere e studiare romanzi di autrici del diciannovesimo e ventesimo secolo; loro sì che sapevano gettare una luce diversa e affascinante sui rapporti tra i sessi.

Tuttavia verso la fine del primo anno in barca cominciai a sentire il peso del futuro che incombeva. La comoda situazione in cui mi trovavo non era destinata a durare. È vero che a un certo punto sarebbe arrivato il divorzio e con esso anche qualche soldo, che l’appartamento che avevamo acquistato insieme era intestato a me e che presto Hazel avrebbe cominciato a percepire una lauta pensione dai suoi datori di lavoro, ma tutto ciò non solo non mi sarebbe bastato per vivere, ma avrebbe anche inciso negativamente sull’entità del sussidio che ricevevo dallo Stato. Insomma, mi toccava darmi da fare.

I primi tentativi furono un buco nell’acqua. Cominciai dal pub del paese, l’unico posto oltre ai negozi dove avevo contatti sociali. Certo, si trattava di scambi superficiali soprattutto con altri uomini, e se capitavano delle donne erano invariabilmente mogli o fidanzate: le prime ringraziavo il cielo di non averle avute per madri; le seconde erano tenute sotto sorveglianza talmente stretta che sarebbe stata una follia cercare di avvicinarle. Presi in considerazione la proprietaria, una vedova formosa prossima ai cinquanta, ma nelle sue reazioni c’era qualcosa di meccanico e banale che mi respingeva. In quel posto non ho mai incontrato una donna che potesse ispirarmi la minima scintilla di romanticismo, cosa di cui invece ho assoluto bisogno per funzionare a dovere. Così capii che dovevo estendere quella ricerca oltre i confini di quel piccolo paese a poche centinaia di metri dalla mia barca.

Negli anni ho imparato che se da un lato non bisogna mai smettere di cercare le opportunità, dall’altro è necessario avere ben chiaro il genere di opportunità che vale la pena trovare. In quel momento cercavo una donna più giovane di me di una decina d’anni. Se fosse stata più giovane di così avrei dovuto vedermela coi sintomi della menopausa, e poi una donna sulla trentina o addirittura più giovane avrebbe richiesto prestazioni sessuali che alla mia età non mi sentivo più di garantire, oppure – peggio ancora – avrebbe preteso un figlio che non avrei potuto darle perché ho provveduto a escludere una simile eventualità. Possono sembrare parole spietate, ma non lo sono. Se possedete un temperamento appassionato come il mio, e finite ogni volta per essere completamente assorbiti dall’oggetto del vostro amore – sono fatto così, mi conosco – un po’ di prudenza all’inizio dell’impresa vi ripagherà ampiamente degli sforzi.

Molte notti trascorse a meditare sulla questione mi consentirono di definire le caratteristiche della donna che cercavo: una persona che nella vita avesse affrontato modesti ostacoli e che si accingesse a percorrere in solitudine l’ultima tratta. Sfiorita, ma con i segni evidenti della bellezza di un tempo, doveva conservare un’aura di antico romanticismo, come una di quelle solide e armoniose costruzioni in stile neoclassico ormai in stato di abbandono nel parco di una grande tenuta. E potrei spingermi oltre nell’analogia: l’edera della sua esperienza la stava soffocando da anni e io, con il mio tocco delicato ed esperto, gliel’avrei strappata di dosso…

Doveva aver già soddisfatto da tempo le banali ambizioni femminili in fatto di matrimonio e figli; qualsiasi obiettivo raggiunto in un’eventuale professione o carriera sarebbe stato un bonus gradito: ho sempre considerato il successo un afrodisiaco potente. Doveva essere delusa dai rapporti sentimentali con gli uomini ma provare ancora attrazione per il sesso maschile; tuttavia, se anche avesse preferito le donne, non avrei avuto nulla in contrario, anzi, per un paio di settimane mi crogiolai nella fantasia di trovare una donna che fosse innamorata di un’altra, così da dare vita a un bel rapporto a tre. Ma so distinguere la fantasia dalla realtà, e so quanto sia improbabile una simile vincita alla lotteria del sesso. Ovviamente fantasticavo anche sui dettagli fisici: la immaginavo di corporatura minuta, con seni prosperosi e mani e piedi piccoli, e una folta chioma bionda dai riflessi rossastri, tagliata corta sulla nuca con la sfumatura a punta. Insomma avevo in mente una sua immagine piuttosto compiuta ma questo non mi aiutava nemmeno un po’ a trovarla nel mondo reale.

Una volta che ero in biblioteca mi venne l’idea di dare una scorsa agli annunci per i cuori solitari. Trovo interessante che si somiglino tanto tra loro. Le donne cercano un non fumatore col senso dell’umorismo e appassionato di arte in generale, tra i trentacinque e i cinquanta. Insistono per avere una foto. Io fumo, ma se serve posso smettere, e in ogni caso ho dovuto tagliare drasticamente il consumo di sigarette perché non me le posso più permettere; inoltre ho un certo senso dell’umorismo, anche se gran parte delle donne con cui ho avuto a che fare nella mia vita adulta non sembrano averlo apprezzato. Non posso dire che le arti mi interessino; il cinema per esempio non mi tocca più di tanto. La donna che voglia stare insieme a me deve farsi bastare il mio moderato apprezzamento della musica e la mia notevole conoscenza della letteratura. Quanto alle foto, ne ho accumulate moltissime, tra cui alcune di quando ero piccolo, ma quella più recente risale a un decennio fa. In ogni caso, se cinquant’anni fosse l’età massima, una delle ultime dovrebbe andare bene.

Ne scelsi una in cui me ne sto appoggiato a un grande albero, indosso una camicia con il colletto aperto e sorrido al fotografo. Ho i capelli mossi dal vento – con mia grande soddisfazione sono sempre stati ricci, folti e scuri, quasi neri – e appaio sicuro di me, quasi sexy, se posso dire. Mentre ne facevo stampare alcune copie (non mi aspettavo certo di far centro al primo colpo) cominciai a scrivere la lettera d’accompagnamento. Siccome i miei capelli sono passati inesorabilmente dall’essere brizzolati a un grigio rispettabile, dovetti inventarmi qualcosa per giustificarlo. Non fu difficile. Decisi di raccontare che ero diventato vedovo di recente, non di Hazel – che neppure con la fantasia più sfrenata sarei riuscito a trasformare in una figura romantica – ma di una donna assai più giovane e amabile. Mi era venuta in mente la povera, intelligente Helen Burns, l’amica di Jane Eyre che muore di tubercolosi dopo mesi di inedia, vessazioni e disinteresse da parte del personale della scuola e delle compagne. Helen sarebbe stata la povera moglie di cui mi ero preso cura fino alla fine.

Una volta individuato il modello, gli spunti per la storia iniziarono praticamente a piovermi addosso. Helen Burns era orfana, e anche mia moglie lo sarebbe stata: un’orfana sfortunata, sola e infelice. Finché non mi aveva incontrato. Con me era rifiorita: il mio amore, le mie premure e la mia costante attenzione alla sua tranquillità avevano dato una svolta alla sua breve e tragica esistenza. Che terribile colpo quando avevo scoperto che era malata! Ricordo di aver letto da qualche parte che Rex Harrison aveva nascosto a Kay Kendall la gravità della sua malattia, così era morta ignara che lui l’avesse sposata perché sapeva che la fine era vicina. Anch’io, dunque, avevo nascosto a Helen ciò che sapevo del suo stato di salute. Da questo all’averla sposata sapendo che presto sarebbe morta il passo era breve.

L’ Autrice

foto presa dal web

(Londra, 1923 – Bungay, 2014). Figlia di un ricco mercante di legname e di una ballerina del balletto russo, ebbe un’infanzia infelice a causa della depressione della madre e delle molestie subite da parte del padre. Donna bellissima e inquieta, ha vissuto al centro della vita culturale londinese della seconda metà del Novecento e ha avuto una vita privata burrascosa, costellata di una schiera di amanti e mariti, fra i quali lo scrittore Kingsley Amis. Da sempre amata dal pubblico, solo di recente Howard ha ricevuto il plauso della critica. Scrittrice prolifica, è autrice di quindici romanzi. La saga dei Cazalet è la sua opera di maggior successo. Oltre ai cinque volumi della saga, Fazi Editore ha pubblicato i romanzi Il lungo sguardoAll’ombra di JuliusCambio di rotta, Le mezze veritàPerdersi.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la responsabile editoriale della rivista on-line "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga. Ha conseguito il corso di formazione "lettura e benessere personale come rimedio dell'anima"