Sinossi
Una riflessione sul concetto di tempo che conduce a ripensare al senso della vita, analizzando le relazioni umane, la cronaca e la storia degli ultimi cinquant’anni.
Angelo, pianista quarantenne, racconta la sua vita passata e presente con lo scopo di far comprendere cosa siano le emozioni e i sentimenti al suo interlocutore, uno scienziato che lo contatta dal futuro. Aion, tempo infinito, gli descrive il suo mondo perfetto, ma in via d’estinzione, obbligato a rinunciare a ridere e a piangere, ad amare e odiare, avendo modificato il Dna degli esseri umani. L’esistenza umana viene alla luce in un condensato di stati d’animo, riflessioni, intuizioni, previsioni. Angelo è uno spirito libero, la sua musica supera ogni barriera spaziotemporale. L’autore sembra assumere il ruolo del regista che coglie l’uomo turbato dalla sua meravigliosa confusione. I personaggi abitano con coraggio le rovine postmoderne, le macerie dei terremoti della vita, incarnano le paure legate all’angoscia di un futuro precario. L’emozionante capitolo finale riannoda il filo di una vicenda con il ritmo di una scrittura sempre originale. Nulla è scontato, la realtà non è come appare. Tutto può ancora accadere.
Estratto
Ringrazio il mio amico Angelo Moscarino
per la foto di copertina, le mie storie e le
sue immagini sono ormai inseparabili.
Il presente romanzo è assolutamente immaginario, luoghi, fatti, nomi e persone sono frutto della fantasia dell’autore anche se possono ricordare la realtà. Pur se in queste pagine risultano indicati alcuni luoghi, paesi e città effettivamente presenti sulle carte geografiche non si è voluto darne descrizione documentaria seguendo unicamente la libertà dell’immaginazione.
Prefazione
La scrittura di Enrico Inferrera: una porta che apre l’accesso all’universo indefinibile dell’Eresia del tempo.
Ne “L’eresia del tempo” lo scrittore Enrico Inferrera coglie e ci trasmette acutamente, per mezzo delle vicende dei suoi insoliti personaggi, il fascino del tempo, il piacere di essere come tutti gli uomini, di copalpitare, di provare agitazione durante lo scorrere della vita quotidiana e nella sua radice temporale. Il tempo dell’esistenza umana suddiviso in presente, passato e futuro viene sconvolto, accidentato, stravolto. I giorni del tempo passato saranno presenti ogni volta che Angelo, il protagonista del romanzo, inaspettatamente, lo vorrà e si lasceranno anche esaminare e trattenere a piacimento, come e quando il lettore lo desidera: “Come vedi, il mio racconto non segue la cronologia ordinata dei fatti, non ha un tempo lineare come quello degli orologi e dei calendari. Segue l’ordine dei miei pensieri, delle mie sensazioni, delle mie emozioni; salta da un evento all’altro della mia vita con un nesso, un collegamento che solo la mia mente conosce, e forse non solo la mia mente, ma l’intero mio corpo.”
Riflettere sul concetto del tempo, porta necessariamente l’autore a ripensare il senso della vita e della nostra esistenza, ma non in maniera lineare, a differenza appunto di quanto non avvenga, quando si considera l’aspetto escatologico del destino umano, che ci viene imposto dal retaggio culturale. Vengono raccontate le nostalgie del passato nelle tradizioni, sapendo osservare e interrogare i luoghi nel futuro, considerando dunque gli eventi passati e cercando di vivere il presente dilatandolo e sovrapponendolo ad un universo parallelo, con l’attesa di eventi nuovi, fuori dalla quotidianità che affligge lo stesso presente. Inferrera considera la sospensione del tempo e come dice il famoso scrittore argentino Borges: “gli istanti potrebbero essere giorni e i giorni secoli”, analogamente il narratore fa emergere il carattere di labirinto proprio del reale con la seguente questione: “Vuoi che ti racconti di me, di noi, delle nostre abitudini, del nostro mondo, di come riusciamo a vivere o a sopravvivere, malgrado tutto.”
Un messaggio pedagogico quello dello scrittore: l’esistenza umana viene alla luce se la si affronta e la si coglie, è qualcosa che ciascuno deve decidere e scegliere. Un carattere pratico-morale di vita concreta. A questo punto il tempo si rivela come una componente costitutiva dell’esistenza umana e delle scelte dei protagonisti: l’individuo è proiettato oltre ciò che di volta in volta è, verso ciò che può essere e potrebbe far di sé, si dilata essenzialmente in un ipotetico passato e nel futuro nella stessa misura, dunque nello spettacolo del tempo.
La narrazione di Enrico ha la spettacolarità di trovarsi e sentirsi, con l’uso sia di analessi, indicata anche con il termine inglese più familiare di flashback, che di prolessi, in una situazione già data, nella quale i personaggi sono affetti da stati d’animo, disposizioni e passioni particolari per raccontare e spiegare ciò che li e ci rende unici come “genere umano emozionale”.
L’eresia del tempo è da considerarsi un condensato di stati d’animo, appunti, riflessioni, intuizioni filosofiche e scientifiche, che contribuiscono a rendere le vicende del protagonista “un libro di storia scritto nel futuro, scritto al contrario, ignorando la direzione del tempo”.
Lo scrittore narratore assume le vesti del protagonista e si cala nella parte con naturalezza senza forzature, sferzante e fanciullesco, ironico, coraggioso e addirittura ribelle nel corso del romanzo, è uno spirito libero e di sensibilità contemporanea o meglio senza tempo, perché legato ad un’arte che va oltre ogni soglia e barriera: la musica e il suo alfabeto magico.
La musica è una delle parole chiave del romanzo, per spiegare le emozioni non solo mediante le vicissitudini della vita, ma anche assecondando il ritmo del montaggio di tutto il romanzo. Quando l’autore accenna a “I giorni” di Ludovico Einaudi, le parole sembrano trasformarsi miracolosamente in note musicali che raccontano tutto il tempo dei due protagonisti trascorso insieme e le emozioni ricevute e invano desiderate.
La fluidità e musicalità dei dialoghi, frequenti ne L’eresia del tempo, rendono il romanzo ritmico e incalzante, nulla è mai scontato, Inferrera è in grado di collegare e rendere sempre più intrigante ogni pagina, utilizzando una tecnica narrativa semplice e diretta, con snodi letterari sorprendenti e tali da trattenere l’attenzione e la curiosità del lettore capitolo dopo capitolo, legandolo alla bellezza dolce e aspra delle vicende e dei paesaggi, descritti questi ultimi in un concentrato di poche ed essenziali righe idilliache, combinate a storie di vita quotidiana e racconti popolari.
Nell’accompagnare il protagonista nel corso del romanzo, lo scrittore sembra quasi assumere il ruolo del regista che riprende con la cinepresa l’uomo turbato dalla sua meravigliosa confusione. Come uno dei registi più noti, Stanley Kubrick, Inferrera sa scegliere e combinare luoghi, personaggi secondari e verbi di movimento, per raccontare anche scene del lato malvagio della personalità umana, da cui scaturiscono omicidi e stragi; analizza la lotta interiore dei personaggi da una prospettiva diversa: la natura dei protagonisti entra in conflitto con la società mediocre e in alcune scene, proprio come in quelle dei film del noto regista, mette a nudo la capacità dell’essere umano di procurare sia il bene che il male più grande, mostrando come il problema assurdo sia quello che spesso non facciamo alcuna distinzione quando ciò può servire ai nostri scopi. La presa di coscienza del protagonista su ciò che è bene e male, dona al romanzo il salto di qualità rispetto al genere horror di Kubrick, “Non dovremmo permettere alla crudeltà, alla brutalità, alla falsità di contaminarci e invece accade spesso, utilizziamo il male come arma per difenderci abbattendo quel confine che rende tutti colpevoli: chi più, chi meno”. Un registro di avvenimenti quasi visionari, dunque, che assumono forma e logica indiscutibile: Enrico pur essendo artista che gioca a raffreddare i toni alti, si è abbandonato per una seconda volta, dopo “Vite bisestili”, a un conturbante ed estroso procedere tra immaginazione e realtà, che è d’altronde la vita stessa, tra spazio e tempo infiniti, magicamente annullati per mezzo della scrittura, forza vitale per lo scrittore.
Un tentativo di scrittura che va oltre, definibile con una parola del tutto inventata, ma che rende l’idea, “metascrittura”, esperimento splendidamente riuscito, proprio come accade nel metateatro di cui lo scrittore parla indirettamente e superbamente all’interno del romanzo, tramite un personaggio femminile, Magda, dalla connotazione del tutto originale. Luoghi, personaggi e vicende vengono narrati quasi ricorrendo alla “metaletteratura”, come fece ad esempio lo scrittore napoletano Giovan Battista Marino, promotore di una letteratura fatta per l’appunto “col rampino”, dando l’immagine dello scrittore, che compiendo una forzatura, trae a sé i contenuti classici di proprio interesse filosofico e scientifico, per riadattarli ai suoi fini, nulla però di autoreferenziale, solo un escamotage per raccontare e superare i margini e le regole classiche della narrazione tradizionale.
I perfetti momenti narrativi, la scelta del quotidiano e dell’umile, le amicizie nate da incontri del tutto casuali, il lessico diretto e nel contempo nobilitante, trasfigurano i momenti di vita del protagonista in una solenne riflessione sulla gioia e sul dolore. L’acme, il culmine di questa costruzione al rovescio si raggiunge nel sorprendente finale, ecco perché “L’eresia del tempo” è da considerarsi un romanzo controcorrente nella sua impeccabile articolazione spazio-temporale.
Prof. Filomena Lombardo
“Amate una ragazza con tutto il vostro cuore e baciatela sulla bocca.
Allora il tempo si fermerà e lo spazio cesserà di esistere.”
Ervin Schrodinger
“Ci sono due modi di vedere la vita. Uno è pensare che niente è un miracolo.
L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo.”
Albert Einstein
“Dio non gioca a dadi con l’universo.”
Albert Einstein
“Einstein sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi.” La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonda gettandoli dove non li si può vedere.”
Stephen Hawking
“Smettila di dire a Dio che cosa deve fare con i suoi dadi.”
Niels Bohr (rispondendo a Einstein)
“Vi sono strane possibilità in ciascun uomo. Il presente sarebbe pieno di ogni possibile avvenire, se già il passato non vi proiettasse una storia.
André Gide
“…il tempo è un’invenzione, o è niente del tutto.”
Henri Bergson
Capitolo primo
Il varco nel tempo
Mi scrivi dal futuro.
I messaggi arrivano uno dopo l’altro, a pochi secondi di distanza, come se il misterioso autore avesse trovato una strada inattesa, ma da tempo cercata, un varco dove lasciar fluire quell’immensa quantità di domande che desidera fare e da cui spera ottenere risposte.
È un gioco? Un prodigio? Una magia? Uno scherzo?
Vuoi che ti racconti di me, di noi, delle nostre abitudini, del nostro mondo, di come riusciamo a vivere o a sopravvivere, malgrado tutto.
Non riesco a capire perché dovrei farlo. Non sono la persona giusta.
Io chi sono. Perché hai scelto proprio me?
È stato il caso? Una scelta precisa?
Sono un uomo normale, come tanti altri: miliardi come me che si ritrovano qui, scaraventati in questa complessità da un atto sessuale, non sempre da un atto d’amore, senza conoscerne il motivo.
Che ti racconto? Che vuoi sapere?
Non so da dove iniziare.
Da quale tempo mi scrivi?
Il futuro lo immagino lungo. Forse interminabile più del passato. Cinquanta, cento, mille anni. Non posso saperlo.
Come faccio a saperlo? Sul futuro non ho riferimenti.
Devi essere più preciso su quello che avverrà, per te è già avvenuto, dammi qualche dettaglio: fatti, comportamenti, il vostro modo di vivere.
Descrivimi il tuo presente.
Ecco: sembra un libro di storia scritto nel futuro, scritto al contrario, ignorando la direzione tempo.
Esiste la direzione del tempo?
Ora diventi più preciso, ti leggo, cerco di capire.
Ma perché si è perso l’uso del sorriso? Meglio dire il piacere del sorriso.
Esseri umani diventati come gli altri animali. Ma no, sono sempre stato convinto che sorridono anche loro, gli animali, ma in un modo diverso.
Sì, mi scrivi che gli esseri umani non sorridono più, ne hanno perso la facoltà da molti anni, forse secoli.
Ma quando è accaduto?
Prova a spiegarmi il motivo.
Mi scrivi che hai trovato, nascosto in un luogo che non riesco a capire cosa sia, alcune immagini di sale cinematografiche (ma tu lo sai cosa sono?) dove venivano proiettati film di Charlie Chaplin e hai visto la gente assistere assumendo quelle espressioni del viso che per noi rappresentano le smorfie del ridere e del piangere; tu e i tuoi simili non ci riuscite.
Fai viaggiare le tue domande e i tuoi pensieri a ritroso nel tempo, è inconcepibile, ho conosciuto da pochi anni l’uso del computer, dei telefonini e viaggiare nel tempo, per me, è solo fantascienza, fantasie lette nei libri e viste al cinema.
Chaplin non è della mia epoca, è di un tempo passato, ha lasciato questo mondo due anni prima che io nascessi, ma l’ho visto spesso in tv, mi diverte, mi mette allegria e mi commuove, a volte mi fa anche piangere ma non di dolore, non fraintendermi, come spiegarti la commozione?
Forse tu non lo sai, ma non si piange solo di dolore. Il suo viso, i suoi movimenti mi emozionano, forse si chiama poesia ma è difficile da spiegare.
Di solito mi fa sorridere. Come si fa a non sorridere?
Già, voi non sapete sorridere.
Com’è possibile che sia stata abolita la comicità, l’ironia, il piacere di una risata insieme agli amici, con la persona che ami.
Ho usato il verbo amare, ne conoscete il significato?
Leggo di peggio.
Non potete più neanche piangere.
Che specie di umanità avete generato? …