Una saga familiare indimenticabile
Quando a Severine Kassel viene chiesta una perizia su alcune preziose perle bizantine appena prestate al British Museum, lei accetta senza esitazione: dopotutto è un’esperta di gioielli antichi ed è perfettamente in grado di svolgere un lavoro del genere.
Ma non appena Severine si trova davanti le perle, il suo passato ritorna con violenza. Quelle perle appartengono alla sua famiglia e si portano dietro ricordi che lei ha cercato di dimenticare per oltre vent’anni.
La rivelazione di Severine dà vita a una ricerca frenetica dell’ex soldato nazista, Ruda Mayek: colui che le ha sconvolto la vita. Con l’aiuto di un agente del Mossad in pensione, Severine è disposta a tutto per rintracciare Ruda.
Ma l’avvocato che si occupa del prestito delle perle, l’unica persona in grado di aiutarli, è vincolato dal segreto professionale. Mentre Severine segue le tracce di Mayek, tutte le sue certezze vanno in frantumi. Forse i segreti che ha custodito per tanti anni stanno per essere rivelati.
Bestseller internazionale
Perfetto per chi ama Dinah Jefferies e Kristin Hannah
«Ho adorato questo libro, anche nei passaggi più dolorosi l’autrice riesce a trasmettere la speranza.»
«Un libro straordinario che riesce a catapultare il lettore nella vicenda, proprio accanto ai personaggi e alle loro avventure.»
«La scrittura dell’autrice è ipnotica, avvincente: non vorresti staccarti mai.»
«Una storia intensa, con momenti drammatici e romantici. Ci ricorda che non bisogna mai dimenticare l’orrore dell’Olocausto.»
«Mi sentivo al fianco della protagonista a Praga, Parigi, Londra, York… Questo romanzo ha cuore, ha ritmo ed è uno scrigno pieno di sorprese. Complimenti all’autrice.»
In memoria di una magnifica e fedele lettrice, Julie Fry
Praga
Agosto 1939
Petr Kassowicz non si sarebbe messo al sicuro. Al contrario, insieme alle sorelle e ai genitori, avrebbe corso i suoi rischi appena fossero arrivati i guai. E sarebbero arrivati. Suo padre, Samuel, ne era convinto.
In pochi mesi, nel gelido marzo del 1939 di un inverno non ancora finito, Samuel e i suoi connazionali avevano sentito l’inquietante fragore di stivali tedeschi marciare lungo le strade acciottolate di Praga. Il loro Paese era stato definito un “protettorato” di Hitler; in sostanza tutti i cechi, a quel punto, erano asserviti ai tedeschi.
Samuel si era battuto per tutta la primavera e l’estate affinché sua moglie permettesse alle gemelle di partire con i Kindertransport tempestivamente organizzati. Affrontò la questione ancora una volta quando lei arrivò con un vassoio nella veranda della loro piccola dimora cittadina. Mentre cercava le parole giuste, considerò la loro situazione. Avevano già lasciato la splendida casa di famiglia, preferendo la relativa sicurezza di abitare più vicini al resto della comunità ebraica in città. I bambini potevano andare a scuola a piedi, anche se presto avrebbero impedito loro di frequentarla. Un’ipotesi plausibile di Samuel, studioso di storia, suggeriva larvatamente di lasciare anche quella casa e andare a vivere insieme ad altre famiglie: la tranquilla intimità sarebbe diventata un lusso; il cibo, scarso e razionato. Sospirò, visionando mentalmente il quadro pessimistico del loro futuro. Doveva insistere sull’argomento per il bene dei suoi figli.
L’odore di noci tostate, che nasce dall’alchimia tra chicchi di caffè frantumati e acqua calda, si era diffuso nel soggiorno, e presto le note fruttate avrebbero danzato sul vapore sprigionato dal bricco. La bocca gli si riempì di saliva; la tazza di caffè mattutina era la sua preferita e Samuel si domandò quando sarebbe finito anche quel piccolo piacere. Cercò di non farsi sopraffare da quei pensieri deprimenti e si concentrò sulla moglie alle prese con il servizio di porcellana; la sua amata, piccola Olga con il sorriso sempre pronto che ora non indossava più abiti eleganti, non cantava più, non danzava più né ascoltava la musica – come poteva biasimarla? Non c’erano più occasioni per fare festa. Si era innamorato di lei al primo sguardo, quando i loro genitori li avevano presentati durante uno Shabbat a casa di un amico di famiglia. Allora quindicenne, Samuel aveva alzato lo sguardo attraverso il tavolo e visto la luce delle candele riflettersi e scintillare per lui negli occhi di una quattordicenne, il cui colore aveva associato a quello delle mandole tostate. Suo padre aveva colto lo sguardo e Samuel si era affrettato ad abbassarlo per la recita della benedizione, ma il suo cuore si stava già struggendo dal desiderio di conoscere la timida ragazza che in quel momento veniva ripresa dalla madre con un cipiglio altrettanto severo.
Fu richiesto loro di aspettare che lui compisse i diciotto anni; che fosse cresciuto in tutta la sua altezza, oltre il metro e ottanta come suo padre, e irrobustito quanto bastava per vincere la magrezza che sua madre aveva combattuto a suon di manicaretti. Ma era stata una battaglia persa; Samuel aveva un torace ampio ma irrimediabilmente incavato… come suo nonno. E, al pari dei suoi antenati, il viso stretto. La madre deplorava la sua esilità, ma in realtà lui mangiava abbastanza anche per i suoi fratelli, e col tempo assunse un aspetto slanciato, grazie anche alla barba che si fece crescere dopo il felice matrimonio con Olga e la nascita della prima figlia. La chiamarono Katerina; essendo un appassionato di storia, Samuel apprezzava in particolare le origini del nome, risalenti all’antica Grecia, e il suo significato di “pura”.
Considerò ora la moglie con un improvviso slancio di affetto; non era cambiata poi tanto dal loro primo incontro, sebbene il peso dello sconforto dovuto all’Occupazione le gravasse sulle spalle, e le fossette delle guance che lui tanto adorava si mostravano di rado. I capelli, che portava raccolti sommariamente dietro la nuca, erano ancora lucenti; non c’era nemmeno un filo d’argento a segnarli e anche se la sua pelle non era più così levigata, il viso non aveva perso la radiosità che Samuel ammirava. La bocca larga, così avvezza a ridere di gusto, e le labbra piene che Olga amava dipingere di rosso, erano adesso spoglie ma ancora pronte a baciarlo con tenerezza. Si era sentito amato ogni singolo giorno dei loro venti anni di conoscenza reciproca, diciassette dei quali come marito e moglie.
Proprio ora che potevano godersi i loro anni migliori con la famiglia al completo, ecco presentarsi un carico di sofferenza e di amarezza. Ciò nonostante, Samuel mise a repentaglio il prezioso affetto della moglie osando sollevare di nuovo l’argomento.
«Olga, vorrei che considerassi la possibilità di lasciare andare Hana ed Ettel in Inghilterra su uno dei treni di salvataggio. Possono contare l’una sull’altra, tesoro mio. E nessuno vorrà separare due gemelle: questo significa che possiamo mettere in salvo almeno due dei nostri piccoli». Ripensò alle migliaia di genitori in fila davanti al nuovo ufficio del broker inglese Nicholas Winton, l’artefice dell’operazione di salvataggio. Tanti facevano domanda perché i loro figli fossero portati al sicuro in Inghilterra. Si sarebbe messo volentieri in fila anche lui. «Possiamo andare all’ufficio di Winton in questo preciso momento, far registrare le bambine…».
Olga lo interruppe con un singhiozzo e un acciottolio stizzito di porcellane. Si portò la mano al cuore e il suo respiro si fece corto, le parole talmente smozzicate da non avere senso. Erano semplici espressioni di amarezza.
Samuel aspettò, non osando insistere oltre, finché lei ritrovò la forza di parlare. «Non abbandonerò nemmeno uno dei miei figli!».
«Pensi che a me faccia piacere spedire uno qualsiasi dei bambini lontano da noi? Olga, qui per loro non c’è futuro – non lo vedi con i tuoi occhi? Se li mandiamo fuori dall’Europa, almeno avranno una possibilità di sopravvivere a una guerra inevitabile».
La risposta della moglie fu così repentina che suonò come lo schiocco di una frusta. «Meglio morire tutti insieme che essere separati!».
Era un grave errore di giudizio, Samuel ne era certo, ma fece del proprio meglio per capire. Olga era una madre nata. Aveva sempre desiderato esserlo ed era eccellente in quel ruolo: ferma ma premurosa, con una grandezza d’animo con cui Samuel non riusciva a competere. Lei amava ogni figlio in modo diverso, sostenendo l’individualità di ciascuno; incoraggiando l’esigenza naturale di Lotte di essere al centro dell’attenzione. «Diventerà un’artista, credimi!», diceva Olga. E non criticava mai Katerina perché si interessava di moda – un aspetto della figlia che invece Samuel trovava particolarmente sconfortante, visto che, nel profondo dell’animo, era la sua figlia prediletta: dotata di talento musicale, molto intelligente e con un equilibrio raro in una persona così giovane. «È la più bella delle nostre figlie», si vantava la madre con lui, «una tela naturale per abiti raffinati. Sarà lei a disegnarli un giorno, vedrai».
«Mia cara… ti prego». Fece un ultimo, disperato tentativo. «Se ci hanno costretti a consegnare le nostre biciclette, le radio, le pellicce, persino i nostri sci, è evidente che hanno già cominciato a imprigionarci negandoci i beni di prima necessità. Poi toccherà al cibo. È improbabile che ci lascino rimanere ancora a lungo insieme. Permetti almeno al piccolo Petr di andare. Dagli una possibilità. Presto non ci sarà alcuna via di scampo, per nessuno. Potrebbe crescere sano e…».
Fu allora che Olga si rivoltò come una furia; Samuel non aveva mai visto l’odio sul viso della moglie prima d’allora. Era sempre stata la dolcissima fanciulla di cui tutti i coetanei di Samuel erano innamorati, ma era stato lui il fortunato pretendente ricambiato nei propri sentimenti. Il loro era stato un matrimonio sereno, senza mai una lite tra coniugi. Anzi, Olga aveva sempre un sorriso per suo marito, i suoi figli, per i vicini di casa. L’affettuosità era una sua caratteristica costante.
Fiona McIntosh, è nata nel 1960 a Brighton. Dopo aver trascorso un’infanzia sempre in viaggio, grazie al lavoro del padre, si è stabilita in Australia, dove tuttora vive. È un’autrice di libri per adulti e per bambini.
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