Trama
Dall’autrice del bestseller La promessa di Natale
Georgine ama il Natale. Le festività accendono sempre di luci e vita il villaggio di Middledip. Ma da quando il suo ex fidanzato se n’è andato, lasciandola con enormi debiti da fronteggiare, Georgine fatica a sbarcare il lunario, e questo le toglie la voglia di partecipare alla gioia che ha contagiato il paese. Per distrarsi dalle preoccupazioni, allora, decide di buttarsi anima e corpo nell’organizzazione dello spettacolo di Natale della scuola locale. E quando il bel Joe Blackthorn propone di aiutarla, Georgine non riesce a ignorare che i battiti del suo cuore sono leggermente accelerati. Ma le ombre del passato stanno per raggiungere il piccolo paese innevato per vie che Georgine non si sarebbe mai aspettata. Ma, nonostante questo, l’aiuto di vecchi amici potrebbe rendere il Natale comunque indimenticabile…
Un’autrice bestseller
N° 1 del «Sunday Times»
«Adoro i libri di Sue Moorcroft!»
Katie Fforde
«Le storie di Sue Moorcroft sono semplicemente perfette.
Debbie Johnson
«Coinvolgente… una storia ricca di magia!»
Heat
«Un romanzo imperdibile.»
Daily Express
«Lasciatevi trascinare nello spirito del Natale da questo fantastico romanzo!»
Estratto
Dedicato a tutti i fantastici membri
del Team Sue Moorcroft, grazie per il vostro sostegno.
Siete meravigliosi!
Capitolo uno
Georgine si allacciò le scarpe da ginnastica, tenendo ansiosamente un occhio puntato verso il vetro della porta d’ingresso e sulle due sagome maschili dietro di essa, illuminate dal sole di novembre.
Una delle due bussò con movimenti misurati. «Signorina France? Signorina France? Apra la porta, per favore». Poi mormorò qualcosa al compagno.
Quest’ultimo rispose chiaramente: «Non arrendiamoci», poi si attaccò al campanello, alzando la voce per sovrastare il suono. «Apra la porta, per favore, signorina France, non le ruberemo molto tempo».
Il modo di fare e l’insistenza di quei due uomini era quella tipica degli agenti di riscossione. Anche se Georgine sapeva che non erano tremendi quanto gli ufficiali giudiziari, che potevano legalmente entrarti in casa, le portavano alla mente ricordi troppo dolorosi perché riuscisse ad aprire la porta, anche solo per dire che Aidan non viveva più con lei. E comunque non si aspettava che le credessero.
Con il cuore in gola, si infilò la giacchetta sportiva e i guanti, poi controllò di avere nello zaino il fascicolo per lo spettacolo di Natale degli studenti. Sì, ecco lì la sua cover natalizia, sistemata in cima ai suoi abiti da lavoro molto meno festosi. In silenzio si mise in spalla lo zaino e uscì furtivamente dalla porta sul retro, sospirando di sollievo mentre girava la chiave nella toppa. Gli addetti al recupero crediti avrebbero dovuto percorrere la stradina dietro le case su Top Farm Road e scavalcare la staccionata alta due metri per trovarla. Sperava non lo facessero, perché quella era la sua via di fuga.
Mentre il suo respiro formava nuvolette nell’aria fredda, si affrettò sul prato; ogni filo d’erba, umido di gelo, scricchiolava sotto i suoi piedi. Dopo una corsetta e un balzo su una sedia del giardino, i guanti la aiutarono a reggersi alla recinzione ghiacciata; riuscì a portare una gamba oltre la staccionata, a scavalcarla e ad atterrare sulla stradina dall’altra parte.
Quando arrivò all’angolo tra Scott Road e Farm Road allungò il passo. Aveva intenzione di andare al lavoro in macchina, ma gli ospiti indesiderati si erano posizionati tra lei e la sua vecchia utilitaria, quindi optò per una tonificante corsetta nella fredda aria mattutina. Potevano bussare alla sua porta per tutto il giorno, non l’avrebbero disturbata.
Il respiro si calmò quando il ritmo dei suoi passi diventò regolare, lasciando che le gambe la portassero lontano dal complesso residenziale Bankside e la conducessero alle ultime case del quartiere di Middledip. Il marciapiede scomparve e le scarpe da ginnastica, ormai molto datate ma altrettanto comode, iniziarono a calpestare la strada. Georgine cercò di concentrarsi sul materiale scenico della recita di Natale, ma ogni volta che una macchina le passava accanto lei sobbalzava e tratteneva il fiato, sperando che non fossero quelli del recupero crediti che in qualche modo l’avevano riconosciuta come la signorina France.
ACTING INSTRUMENTAL
Liceo artistico
Il suo santuario. Il posto dove poteva davvero lasciarsi la realtà alle spalle. Percorse velocemente gli ultimi metri, poi si ritrovò circondata da studenti che affollavano il vialetto, alcuni intenti a chiacchierare, altri con il capo chino sul cellulare.
Una di questi la salutò scimmiottando il suo accento americano del Midwest. «Buongiorno, signorina Geooorgiiine».
Ridendo, sollevò una mano, infilata in un guanto, per ricambiare il saluto. La studentessa, Isla, non solo frequentava il corso di teatro del liceo, ma era anche la figlia di Sian, coetaneo della stessa Georgine nonché suo ex compagno di scuola. Quando era giovane, anche i suoi compagni di classe dell’enorme plesso scolastico della vicina Bettsbrough adoravano prenderla in giro con esilaranti parodie dell’accento strascicato di suo padre, che veniva appunto dalla Georgia. Se avesse ricevuto una sterlina per tutte le volte che aveva sentito quelle battute, forse avrebbe potuto pagare quegli inquietanti uomini alla porta. Se fosse stato suo il debito da estinguere. E non lo era.
Quando aveva iniziato a lavorare come organizzatrice di eventi alla Acting Instrumental, tre anni prima, Georgine aveva davvero pensato di essere diventata economicamente indipendente; ma le vicende di suo padre e sua sorella Blair, che avevano avuto bisogno di una mano in momenti diversi, e la situazione di Aidan, caduto in depressione dopo essere stato licenziato, l’avevano portata a trovarsi di nuovo in difficoltà finanziarie… Eppure non era passato un giorno senza che Georgine ringraziasse il cielo di non essersi lasciata scoraggiare dal tono formale di quell’annuncio di ricerca per un direttore artistico di rappresentazioni studentesche. Ciò che il ruolo le imponeva era di essere una regista, un sostegno per gli studenti, una mediatrice e persino una tappabuchi.
Georgine era molto portata per l’ultima mansione.
Si diresse verso l’edificio principale. Rallentò lievemente togliendosi lo zaino dalle spalle per appoggiare il pass sul lettore ottico. La porta si aprì.
La prima persona su cui posò gli occhi fu Norman Ogden, il preside della Acting Instrumental, che superava gli alberi di Natale ancora spogli nell’atrio con la sua solita andatura incerta. Rivolgendole un’occhiata da sotto il ciuffo, ricordò a Georgine un ragazzino che aveva trovato dei vestiti da adulto e se li era provati. «Fa talmente freddo che potrebbe nevicare», ansimò per distogliere l’attenzione del suo capo dal fatto che le restassero pochi minuti per cambiare la propria tenuta sportiva con gli abiti da lavoro.
«Una nevicata che ci blocchi tutti a casa piacerebbe molto agli studenti», rispose lui bonariamente. «Devo parlarti. Nel mio ufficio. Solo io e te. Non più di dieci minuti».
«Certo», replicò Georgine affrettandosi verso l’area riservata ai dipendenti; cercò di reprimere la voglia di sottolineare che era impegnatissima, visto che mancavano solo sei settimane alla prima di A Very Kerry Christmas, Uncle Jones, la recita in programma alla fine dell’anno scolastico per gli studenti che si sarebbero diplomati. Sarebbe stato il suo sesto spettacolo da quando era arrivata in quel liceo.
Avrebbe dovuto telefonare a Aidan per fargli una ramanzina riguardo il sapersi prendere le proprie responsabilità e non evitarle a tutti i costi. Era ora che crescesse. Sospirò entrando nello spogliatoio femminile. Era ancora lì dai tempi in cui quell’edificio era stato una residenza privata di lusso e aveva una sontuosa zona doccia in marmo grigio chiaro.
Regina delle docce lampo, aprì il rubinetto dell’acqua, si sfilò in fretta gli abiti sportivi e li appese al termosifone, in modo da averli asciutti per il ritorno a casa; poi si infilò sotto la doccia. Poco dopo indossava gli abiti puliti che aveva tirato fuori dallo zaino. Ancora un paio di minuti per pettinarsi, applicare una crema idratante leggermente colorata e il mascara, ed era pronta per cominciare la giornata.
Uscendo in corridoio, trovò gli studenti che si dirigevano alle sale prove o alle sessioni del mattino, occupando l’area con gli zaini e le custodie degli strumenti musicali; la folla la costrinse a rallentare e a adottare l’andatura strascicata tipica degli studenti.
Chiacchiere e risate risuonavano nell’aria. Georgine sorrise. Adorava questo periodo dell’anno. Halloween e la notte dei falò erano passati e ora gli studenti aspettavano con ansia l’evento principale: il Natale. A Middledip, Bettsbrough e persino nella lontana Peterborough comparivano già i cartelloni che pubblicizzavano A Very Kerry Christmas, Uncle Jones.
Alcuni degli studenti le rivolsero un «Ciao, Georgine!» e lei rispose ai saluti, fermandosi solo quando un giovane alto e serio, con la custodia di una chitarra in spalla, la guardò negli occhi e annunciò severamente: «Ho preso quasi il massimo dei voti in chitarra acustica».
Senza farsi ingannare dall’espressione seria di Tomasz, uno studente di solito considerato “difficile”, Georgine alzò la mano per farsi battere il cinque. «Fantastico, Tomasz! È meraviglioso!».
«Ora mi prenderò una chitarra cutaway». Il ragazzo era di origini polacche, ma aveva un accento squisitamente britannico, quello tipico di Bettsbrough. Tomasz batté il cinque come se fosse obbligato a compiacere Georgine, ma un lampo di trionfo brillò comunque nei suoi occhi un attimo prima che se ne andasse.
Georgine stava ancora sorridendo pensando all’accento del ragazzo quando arrivò in ufficio; salutò Fern passando dall’amministrazione e poi raggiunse, alle otto e trenta in punto, la porta con la targa che recitava: “Norman Ogden”.
«Entra pure», esclamò Oggie indicando una delle sedie di fronte alla sua scrivania. «Raccontami tutto».
Georgine prese posto sulla sedia marrone. Aveva ormai deciso di non tentare più di comprendere il significato nascosto dietro la peculiare abitudine che aveva Oggie di iniziare le riunioni con domande informali, sapendo che avrebbe ascoltato con un interesse apparentemente uguale le relazioni sui progressi ottenuti, i problemi degli studenti, le novità personali o il mero gossip. Gli anni trascorsi a lavorare nelle scuole come assistente o come supporto alle attività artistiche avevano reso Georgine felice di parlare con una persona come Oggie.
Sapeva che se gli avesse raccontato degli uomini che avevano bussato alla sua porta, lui avrebbe subito proposto di aiutarla come poteva, ma non le piaceva l’idea di condividere un’informazione tanto imbarazzante, quindi decise di parlargli direttamente di lavoro. «Tomasz ha superato brillantemente il corso di chitarra acustica. Ora sta aspettando il certificato».
Oggie applaudì con calore. «Lo cercherò più tardi per fargli le mie congratulazioni. Sembra più tranquillo in questo periodo».
Georgine annuì. «Forse perché è il secondo anno». Sapendo che Oggie voleva un aggiornamento sui progressi dello spettacolo, aprì il suo quadernone e raccontò in fretta di musica, danza e prove di recitazione, liquidando subito le questioni economiche. «Sono riuscita a ottenere un’offerta migliore dal Raised Curtain proponendo di utilizzare il nostro sistema di luci e i nostri addetti al suono, scegliendoli tra gli studenti che se ne occupano. Sarà una bella esperienza». Esperienza era la parola d’ordine alla Acting Instrumental.
Chiuse il raccoglitore e si spostò in punta alla sedia, pronta a cominciare la giornata. Un musical natalizio rappresentava un’ottima vetrina per le competenze degli studenti ed era anche il modo per dimostrare i progressi da loro fatti in ciascun corso, ma dal punto di vista organizzativo era una gran fatica.
Oggie si stiracchiò e si sistemò sulla sedia. «C’è un tizio nuovo che inizia a lavorare con noi oggi e che vorrei presentarti».
Georgine si riappoggiò allo schienale. «Un membro dello staff? Non sapevo che cercassi qualche nuova figura».
Oggie fece un gesto vago con le mani. «Non ufficialmente. Ma quando si presenta la persona giusta… So che Joe sarà una preziosa aggiunta alle nostre file».
«Ne sono certa», rispose lei educatamente. «Che ruolo avrà?».
Oggie inarcò le sopracciglia soppesando la domanda. «Deve essere ancora definito. Ha una vasta esperienza con le band contemporanee, è stato un tour manager e un tecnico del suono, cose del genere. Potrebbe aiutare con gli impianti delle luci e con la console. Lo farò venire qui. Dovrà essere accompagnato da qualcuno in qualsiasi posto dove possano essere presenti degli studenti fino a quando non ci arriva il suo certificato penale, quindi ho pensato di affidarlo a te».
Georgine non protestò, non solo perché Oggie era il capo, ma perché era il miglior capo del mondo e doveva sicuramente avere una buona ragione per assumere una persona di cui non aveva ancora ricevuto il certificato penale; quindi Georgine non guardò nemmeno l’orologio mentre Oggie chiamava il nuovo arrivato. «Joe? Puoi venire. Dall’accettazione, Fern ti porterà nella mia stanza».
Era tipico di Oggie chiamare il suo ufficio “stanza”. Georgine non l’aveva mai sentito parlare di sé come “preside” della scuola e inoltre voleva che gli studenti si rivolgessero agli insegnanti chiamandoli per nome. Sia il corpo docente che i ragazzi lo chiamavano Oggie.
I suoi pensieri furono interrotti quando lo sguardo del capo si spostò sulla porta. Sorrise. «Vieni pure, Joe».
Georgine si voltò sulla sedia per salutare. «Ciao, io sono Georgine France».
L’uomo, alto, con la barba appena fatta e i capelli molto corti, sbatté le palpebre dietro gli occhiali dalla montatura sottile. Il suo viso si raggelò. Poi si schiarì la gola e mormorò: «Piacere di conoscerti. Mi chiamo Joe Blackthorn». Annuì educatamente e prese posto su una sedia.
Oggie si premurò di spiegare a Joe il ruolo che Georgine ricopriva alla Acting Instrumental. Nonostante la donna partecipasse alla conversazione con modi accoglienti e gentili, era colpita dal comportamento teso del nuovo collega. Non sapeva come mai, ma si aspettava che gli uomini alti e belli sprizzassero sicurezza di sé da tutti i pori, mentre questo tizio sembrava in preda all’agitazione. Forse per quel motivo Oggie aveva scelto di aggiungerlo al corpo insegnante in maniera così poco ortodossa e silenziosa.
«Quindi, Joe», esclamò Oggie. «Ti farei restare con Georgine, per ora. Ti farà fare un breve tour della scuola e ti darà un’idea di come lavoriamo qui». Oggie aggrottò la fronte. «Va bene? Perfetto».
Joe aveva chiaramente capito di essere stato liquidato e si alzò mormorando: «Grazie del tempo che mi dedicherai», rivolgendosi a Georgine.
Recuperando il raccoglitore, Georgine rispose: «Non c’è di che», anche se portarselo dietro o passarlo come una patata bollente a un altro collega non era quello di cui aveva bisogno. «Se facciamo subito un giro nella parte nuova, poi con questo edificio abbiamo finito».
«Va bene». Si fece da parte e lasciò passare prima lei nel corridoio di vetro che collegava i caseggiati e si affacciava su un’area pavimentata del tutto spoglia, fatta eccezione per qualche panchina, dei fiori e la brina per terra.
Alla fine del corridoio, Georgine si voltò verso il suo compagno quasi muto, notando che si teneva a distanza di un passo da lei, come se fosse a disagio all’idea che i suoi profondi occhi marroni incontrassero quelli di lei. Alzando la voce per coprire l’improvviso suono di una batteria, Georgine disse: «In questo edificio ci sono studi di registrazione e sale prove». Il rumore cessò e venne sostituito da uno stralcio di litigata, che culminò con uno: «Stronzo! Lo sapevi che era mio!».
«Oops!». Georgine seguì in fretta quel suono superando una porta; si ritrovò davanti un gruppo di ragazzi che circondavano due tizi: si guardavano tutti in cagnesco, con i volti rossi e gli occhi accesi. Uno dei due al centro era Tomasz, il cui buonumore per i suoi voti in chitarra acustica non era durato a lungo.
«Non c’è ancora nessun insegnante qui?», domandò con tono tranquillo.
Le teste dei due ragazzi al centro si voltarono, ambedue sgomenti. Tomasz si toccò un orecchio con aria innocente. «Non ancora».
«Stiamo aspettando Errol per la lezione di industria discografica», spiegò l’altro, facendosi da parte come se il campo di battaglia non fosse posto per lui.
Georgine rivolse a entrambi uno sguardo interessato. «Sicuramente arriverà presto. Non avete bisogno che rimanga qui con voi, vero?».
I due ragazzi arrossirono e scossero le teste.
Georgine sorrise. Gli altri studenti erano tornati a sedersi sui tavoli o frugavano negli zaini. «Tutto bene, quindi? Ci vediamo dopo». Tornò da Joe in corridoio.
Lui guardò la stanza, ora tranquilla, che si lasciarono alle spalle. «Devi aspettare il tutor?»
«Di solito non gestiamo così le cose. Quello più alto, Tomasz, non sempre può permettersi oggetti come le corde della chitarra e quindi è molto possessivo nei confronti di ciò che gli appartiene; Oggie vuole che trattiamo gli studenti come fossero degli adulti. Credo che andrà tutto bene ora che l’atmosfera si è raffreddata». Aprì un paio di porte…
L’ Autrice
Sue Moorcroft, è l’autrice pluripremiata di nove romanzi rosa e varie novelle. Ha uno stile inconfondibile: non la spaventa affrontare temi profondi nelle sue storie romantiche, ma riesce comunque a mantenere uno stile leggero e fresco. È nata in Germania, ma ha vissuto anche a Cipro, a Malta e nel Regno Unito. Prima di dedicarsi alla scrittura ha cambiato diversi lavori. La Newton Compton ha pubblicato La promessa di Natale, La mia romantica vacanza da sogno, Un’estate da ricordare e La vacanza che cambiò la mia vita.