Ayslin, un’orfana sassone, nell’Autunno del 1066 si ritrova al centro dei giochi di potere tra due Re che si contendono il Trono Inglese, arrogandosi il potere di decidere del suo futuro offrendola in sposa a chi conviene loro. Sfuggita al matrimonio di stato, con un vecchio Laird scozzese, incontra, proprio come in una favola, nel profondo ventre di un folto bosco, l’uomo dei suoi sogni: Beowulf un guerriero normanno. Quando la fanciulla scopre che Re Guglielmo l’ha promessa al normanno, fugge di nuovo, decisa a non appartenere mai a nessun uomo. Beowulf non è felice all’idea di doversi sposare, ma resta ammaliato dalla sua dolcezza e dal suo carattere ribelle. Onore, innocenza, perversione e violenza si mostreranno loro lungo la strada, troveranno la forza di scegliere l’amore?
«No! Potete squartarmi qui, adesso».
Sbottò il cavaliere camminando nervosamente, masticando collera
e dissenso.
«Potrei ordinarvelo», affermò Guglielmo, Duca di Normandia.
Beowulf contrasse la mascella fermandosi a fronteggiarlo: «Allora
fatelo!».
«Suvvia. Ve lo chiedo da amico. La sposerete?».
Il Sovrano era ben consapevole di aver di fronte l’unico uomo che
avrebbe avuto il coraggio di rifiutare.
«No, giammai», rimarcò seccamente, «da amico, vi prego di non
chiedermi una cosa simile», ribadì gonfiando il petto.
«Abbiamo bisogno del vostro aiuto per risolvere la situazione. Ci
serve quel castello: è un punto strategico importante per la pacificazione
del nord. Pensate anche a quella fanciulla innocente che Harold Godwinson
sta per mettere nelle mani di un pervertito scozzese per ottenerne
l’alleanza. Ditemi: Non vi sentirete responsabile della fine di quella
cara giovane?».
Beowulf in cuor suo lo maledisse per aver tirato fuori simili argomentazioni,
sapendo che non avrebbe mai potuto esimersi dall’aiutare
una donna in difficoltà, né dal soccorrere il suo Sovrano bisognoso
d’aiuto, costretto dal proprio senso d’onore. Digrignò i denti.
«Sono un soldato, la vita matrimoniale con una bisbetica viziata sassone
non fa per me».
Suggerì poi, riflettendo su come trarsi d’impaccio con astuzia: «Potrei
prendere il castello e rapirla sventando il matrimonio. Sottrarla agli
scozzesi in modo che possiate trovarle un marito adatto tra i nobili più
fedeli».
«La vostra “amicizia” con Lady Ingrid ha scaldato parecchio gli animi,
a corte», insinuò Guglielmo mellifluo. «Dovete mettere la testa a posto.
Abbiamo dovuto concedere a Lord Denton un castello come risarcimento
d’onore. E il suo non è l’unico animo agitato dalle vostre gesta
amatorie. Non possiamo lasciarvi decimare i nostri vassalli con continui
duelli…». Spiegò immobilizzando Beowulf con un’occhiata glaciale.
«Voglio la vostra parola che farete vostra quella fanciulla, sposandola poi
per come si conviene e… diventando per legge il lord del maniero. Se
ella non dovesse collaborare, sarà vostra responsabilità convincerla per
il meglio. Voi avete argomenti a sufficienza per codesta missione. In ogni
caso lei non opporrà resistenza, la vostra fama di seduttore vi precede e
non sta né a lei, né al suo tutore decidere del di lei destino».
I due si confrontarono fissandosi come lupi rivali per un tempo che
parve infinito, Beowulf trattenne a fatica la bestemmia e fece come un
vero cavaliere fa. Capitolò inchinandosi al suo Re.
«E sia. Avete la mia parola».
«Quando avrete trovato la piccola sassone mi aspetto che non perdiate
tempo nel farla vostra e mi informiate appena avvenuto il fatto»,
ordinò il Re sedendo sul suo scranno ben imbottito e brindando con
una coppa di vino all’obbedienza del normanno.
«Non dovrete dispiacervi nel farla vostra, si dice non sia mai sbocciata
rosa più bella in suolo inglese», commentò il Sovrano con malizia,
prima di congedare il suo cavaliere, con un gesto lento della mano.
Rapidamente la notizia dell’ordine reale si diffuse tra la corte ingorda
di succulenti pettegolezzi e, anche i servi scommettevano tra loro in
segreto su come o in quanto tempo lord De Bruise avrebbe condotto
a termine il compito.
Lord Beowulf tornò come una furia, alla propria tenda, sbraitando.
«Dì agli uomini di prepararsi, domattina dobbiamo partire all’alba
verso il nord del paese», ordinò a Sweyn.
«Non erano buone notizie a quanto vedo», commentò con ironia,
tra sé l’imponente vichingo notando che il suo signore rischiava di
spaccarsi i denti per quanto stringesse la mascella.
13 Settembre 1066 Wheldrake Castle
Nebbia. Terra bagnata da sangue di uomini coraggiosi che si sono battuti
per conquistare nuovi confini.
Lady Ayslin Wheldrake giaceva addormentata tra soffici coltri nel
suo letto ligneo intarsiato di rampicanti.
Poveri resti di corpi giacciono per la collina coperti dai loro vessilli
stracciati… armature e spade rosse di sangue. Una donzella leggera come
un’aquila vola in alto, sfiora le cime degli alberi, distende lo sguardo
oltre il limitar del campo della battaglia, fino a un accampamento di
tende.
Un leggero e inconsistente pulviscolo dorato risplendeva sospeso
nel tenue raggio del giovane sole che accarezzava il delicato profilo della
fanciulla avvinta da un sogno.
All’interno della tenda centrale un magnifico cavaliere, a torso nudo,
si agita in preda a un sogno delirante. Improvvisamente si siede sul letto,
e lei lo sa che anche lui, in quell’istante, in quel preciso istante, la vede
seduta sul letto Occhi color del bosco, occhi profondi, spaventati spalancati
attoniti, occhi che si perdono nell’immensità dei suoi…
«Devi credermi Ann. Era bellissimo».
«Davvero Milady?», le rispose la cameriera mentre si affaccendava
per ravvivare il fuoco e sistemare gli abiti che la sua signora avrebbe indossato
di lì a poco.
«Mi sono svegliata con il cuore in gola e con la sensazione che anch’egli
potesse vedermi, così… nel letto, come io vedevo lui…», disse
arrossendo per la virile nudità del giovane sognato.
«Mmm… alla vostra età non mi sarebbe dispiaciuto essere guardata
da un cavaliere, bello come voi lo descrivete, neppure in abiti succinti…
», le disse con malizia.
«Ann», strillò lei imbarazzata, «Vergognati».
E risero per i pensieri impudichi che ciascuna aveva fatto. La totale
innocenza in campo amoroso non permetteva alla fanciulla di sognare
oltre un poetico contatto di labbra, tuttavia ella nascondeva curiosità verso
la nudità maschile, e si chiedeva spesso come fosse essere toccata da
un uomo.
«Oh, basta», esclamò tra sé, «non posso continuare a svegliarmi in questo
modo, una signora non deve lasciarsi prendere tanto dalle emozioni.
Il cavaliere del sogno è bello, ma così inquietante. Se esistesse un tale uomo,
si comporterebbe diversamente dagli altri? «O Dio del Cielo», pregò
piena di apprensione, «fa che lo sposo scelto dal Re per me non sia uno di
quei vecchi bigotti. Come potrò sottomettermi a una vita da prigioniera?».
Ann le pettinò i lunghi capelli e le strinse in vita la catenella d’oro
dalla quale pendeva un pugnale affusolato. Si affrettò a raggiungere a
colazione il proprio tutore, sperando di non doverne sentire i rimproveri
solo perché, il giorno prima, era uscita dal castello per raccogliere
dei fiori, senza accompagnatore.
Corrugò la fronte, scendendo le scale, pensando disgustata a tutti
quei lord incartapecoriti che decidevano del futuro delle loro donne
come parlassero di vecchi mobili o giumente. Temeva il momento in
cui il Re avrebbe preso una decisione riguardo al suo promesso sposo,
spaventata di poter finire, come alcune sue amiche, sposata a un uomo
orribile.
Infine, raddrizzò le spalle ed entrò nel salone, pronta alla romanzina.
«Mio signore», mormorò avvicinandosi al proprio tutore e ricevendo
un bacio sulla fronte.
«Bambina, fate colazione con me».
Mentre lei sedeva lasciando che i servi le riempissero il piatto con
frutta dolce, dolce e altre meraviglie, questi in tono sostenuto la rimproverò:
«Anche ieri siete uscita senza opportuna scorta Perché disubbidite
ai miei ordini? Non sta bene che ve ne andiate in giro da sola,
non è un comportamento che si addice a una fanciulla a modo, troppi
pericoli alla virtù, là fuori».
«Mi spiace di avervi fatto inquietare», rispose lei a testa china, riconoscendo
la giustezza del discorso, ma continuò: «Sono solo andata a
raccogliere fiori e nessuno ha attentato alla mia virtù».
«Tenete a freno il vostro carattere bambina. Passerete la giornata
nella stanza del cucito. Sono sicuro che il vostro corredo ne trarrà vantaggio.
Non costringetemi a proibirvi la lettura, perché certamente devono
essere tutti quei libri che avete imparato a leggere con padre Donald
a mettervi in testa certe ridicole idee».
Ayslin tenne il capo e gli occhi bassi per non mostrare la sua irritazione
o lo scintillio indomito degli occhi a quella minaccia.
«Sì, mio signore», rispose stringendo forte le mani avendo imparato
che era inutile contraddire il suo ottuso tutore.
Se solo padre Donald non fosse morto, pochi giorni prima, l’avrebbe
aiutata a ritrovare la tranquillità, con la sua saggezza. Era stato sempre
lui a raccogliere le confessioni di lei, ingenua fanciulla, a perdonar-
le ogni intemperanza, a istruirla come nessun’altra donna prima. Grazie
a lui lei aveva la grazia dell’arte e la sapienza delle scienze e della letteratura,
meglio di molti uomini, sapeva leggere in greco e latino, e parlare
diverse lingue.
Era questo che irritava il suo tutore, così ottuso da considerare le
donne esseri inferiori bisognosi solo di essere accudite, punite, controllate
sempre. Con questi pensieri si avviò per le scale. Quando giunse
nella sala Sir Hugh stava impartendo ordini a destra e a manca, il castello
ferveva di brulicante attività: i servi, concitati e in moto perpetuo,
spostavano mobili, oggetti, spazzavano stanze, lucidavano gli argenti.
Lei restò interdetta sulle scale.
«Bambina, venite qui».
Sir Hugh non era cattivo, ma non riuscendo ad accettare il carattere
ribelle della sua protetta, lo viveva come una mancanza di rispetto.
«Devo ordinarvi di non uscire dalle mura del castello neppure nei
prossimi giorni. Sarò molto occupato con questioni che non vi riguardano,
e ho bisogno che rispettiate i miei ordini evitando di porvi in pericolo
».
«Non potete rinchiudermi per sempre».
«Finché sarà necessario».
«Ditemi: perché?».
Sir Hugh si voltò per farle capire che il colloquio era terminato.