Una testimonianza straziante e dolorosa, una storia che tutti noi dobbiamo conoscere…
Ho letto questo libro nel 2017, amo leggere storie vere perchè ognuna di esse lasciano un messaggio profondo.
“Fiore del deserto” storia di una donna è la vera storia di Waris Dirie, in questo libro racconta , denuncia le ingiustizie che lei e le donne della sua terra e non solo sono costrette a subire a causa di tradizioni assurde .
Con grande coraggio ha raccontato un lato intimo della sua storia.
Waris Dirie è stata la portavoce ufficiale di Face to Face, la campagna dell’ONU contro le mutilazioni genitali femminili. Nel 2002 ha creato la fondazione che oggi si chiama Desert Flower Foundation.
La sua storia non l’ho mai dimenticata e oggi 6 Febbraio 2023 voglio condividerla con voi per combattere questa pratica chiamata “infibulazione” che purtroppo viene ancora praticata da alcuni popoli.
Qui di sotto vi descrivo la pratica attraverso il racconto dell’autrice stessa, parole che lacerano il cuore…
La sera prima del giorno fissato per la ia infabulazione, mia madre mi disse di non bere troppo, perchè così non avrei dovuto orinare troppo spesso. Non capii ol senso di quella raccomandazione, ma non feci questioni e mi limitai a un cenno del capo. Ero nervosa, ma altrettanto decisa a risolvere la faccenda una volta per tutte. Quella sera i miei familiari con insolito riguardo, e a cena ricevetti una razione extra di cibo. Anche questo faceva parte della tradizione che, in passato, mi aveva indotto a invidiare le mie sorelle maggiori. Prima di andare a dormire, mia madre mi disse <<Domattina, quando sarà ora, verrò a svegliarti>>.(…)
Quella notte non chiusi occhio per l’agitazione. Quando vidi arrivare mia madre, non era giunta ancora l’alba, e il cielo buio si schiariva solo impercettibilmente all’orizzonte. Mi fece cenno di fare silenzio e mi prese per mano. Io afferrai la mia piccola coperta e , ancora mezza addormentata, la seguii barcollando.(…)
Ci allontanammo dalla capanna e ci inoltrammo nella boscaglia. <<Ecco aspetteremo qui>> disse mia madre, sedendosi sulla terra fredda. Il giorno avanzava lentamente, si riusciva appena a distinguere il contorni delle cose. Ben presto udii il trapestio dei sandali della zingara.(…)
Mia madre staccò da un albero un pezzo di radice e mi accomodò sulla pietra; quindi si sistemò alle mie spalle e mi fece appoggiare la testa contro il suo petto, mentre con le gambe mi cinse la vita. Io mi aggrappai alle sue cosce e lasciai che mi infilasse la radice tra i denti <<stringi forte>>
<<Mi farà male!>> balbettai con la radice tra i denti.
Mia madre si chinò su di me e mi sussurrò all’orecchio. <<Se ti divincoli, io da sola non ce la faccio a tenerti; quindi, cerca di fare la brava. Sii coraggiosa, e vedrai che presto sarà tutto finito>>. Sbirciai tra le mie gambe e vidi che la zingara, si stava preparando…
Mi fissò con i suoi occhi spenti e. poi, si mise a frugare in una vecchia borsa da viaggio. La seguii con estrema attenzione perchè volevo vedere lo strumento con cui mi avrebbe operato. Mi aspettavo un coltellaccio, ma la zingara estrasse , invece, un minuscolo sacchetto di cotone. Vi infilò le sue lunghe dita e ne tolse una lama di rasoio spezzata. La esaminò, rigirandola più volte da una parte e dall’altra. Il sole stava appena spuntando, e la poca luce era sì sufficiente a percepire i colori, ma non consentiva ancora di cogliere i dettagli. Riuscii, comunque, a scorgere del sangue rappreso sul filo sbocconcellato di quella lama. La zingara vi sputò sopra e la ripulì sul suo vestito. Mentre lei sfregava, su dime piombò l’oscurità, perchè mia madre mi coprì gli occhi con una bemda.
A quel punto sentii la carne dei miei genitali che veniva lacerata e il rumore sinistro di quella lama che andava avanti e indietro. Quando ci ripenso , non riesco proprio a credere che mi sia successo veramente…
Impossibile spiegare cosa si prova: è come se qualcuno vi tagliasse a brandelli una coscia o un braccio, senonchè nel mio caso i tagli venivano praticati sulla parte più sensibile del mio corpo.(…)
Quando mi riscossi, pensai che fosse tutto finito; il peggio, invece, doveva ancora venire. La benda mi era stata tolta, cosicchè potei vedere, accanto all’Assassina, un mucchietto di spine di acacia, con cui la donna praticò dei buchi nella mia pelle, infilandovi poi uno spesso filo bianco per ricucirmi. Avevo le gambe completamente intorpidite, ma nel punto della loro congiunzione provavo un dolore così intenso da desiderare sinceramente la morte… (…)
Mi avevano spostata, e giacevo a terra accanto alla pietra piatta. (…)
Voltai la testa verso la pietra e vidi che era ricoperta di sangue, come se qualcuno l’avesse utilizzata per macellare un animale. Su di essa, i frammenti della mia carne, dei miei genitali , erano posti a essiccare…
Pensavo che l’agonia fosse finita, ma quando ebbi lo stimolo della minzione mi ricredetti…
questa pratica viene messa in atto su bambine di sei anni…
E ricordiamo anche tutte le bambine che hanno perso la vita a causa della scarsa igiene…
Una voce tra tante altre, condividiamo la testimonianza di queste donne per far sì che questa usanza venga interrotta e per preservare delle piccole creature innocenti .
Io non mi stancherò mai di dare voce a queste donne attraverso il mio blog, perchè bisogna combattere ogni violenza, e quale migliore arma se non la cultura?
Quella di Waris Dirie è una testimonianza straordinaria. La sua vita, ricca di momenti dolorosi ma anche di grandi felicità e successi, insieme avventurosa ed esemplare, l’ha portata dai deserti africani all’esclusivo mondo delle top model. È nata in un villaggio della Somalia, ma nessuno, nella sua famiglia di nomadi con dodici figli, annotò la data della sua nascita. Quando aveva più o meno cinque anni, suo padre decise che era giunto il tempo di infibularla: le pagine in cui Waris ricorda oggi quella mutilazione atroce sono assolutamente strazianti. Appena tredicenne suo padre la vendette per cinque cammelli a un uomo di sessant’anni. Waris non accettò quel destino, fuggì da una zia a Mogadiscio, e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, come cameriera, a lavorare 18 ore al giorno 7 giorni su 7. Sempre meglio di quello che l’aspettava in patria, pensava. Così, quando lo zio, concluso il suo mandato, fu richiamato in Somalia, decise di restare in Inghilterra. Sola, iniziò a guadagnarsi da vivere lavando i pavimenti da McDonald’s. Analfabeta, si iscrisse a una scuola serale. Finché un giorno un fotografo la convinse a posare. All’improvviso, come nelle favole, il suo destino cambiò. Iniziò una fortunatissima carriera di fotomodella che la portò sul Calendario Pirelli e nelle campagne pubblicitarie della Revlon. Ma nonostante il successo ottenuto Waris Dirie non ha mai dimenticato le sofferenze che ha patito, e quelle che hanno patito e patiscono milioni di donne in tutto il mondo. Con grande coraggio ha raccontato la propria storia, il suo segreto più intimo, in un’intervista da cui è iniziata la battaglia che sta combattendo ancora oggi con fortissimo impegno in difesa di tutte le donne che hanno vissuto e vivranno la sua esperienza. Oggi Waris Dirie è il portavoce ufficiale di Face to Face, la campagna dell’ONU contro le mutilazioni genitali femminili. Nel 2002 ha creato la fondazione che oggi si chiama Desert Flower Foundation.