Disponibile dal 10 marzo 2023
Ispirato all’incredibile storia vera di Madame Clicquot
Reims, 1797. Sono passati solo pochi anni dalla Rivoluzione e la Francia è una terra ricca di opportunità per chi, come il giovane François Clicquot, è ambizioso e pieno di progetti. Barbe-Nicole Ponsardin, da poco diventata sua moglie, ha un’indole altrettanto vivace. Sono ricchi, intelligenti e possiedono alcuni tra i vigneti più produttivi della regione: sembrano destinati a un futuro radioso.
Ma le cose non vanno come previsto. Dopo la morte improvvisa di François, Barbe-Nicole si ritrova sola in un mondo di uomini e nessuno scommetterebbe su una donna che porta avanti l’attività del marito. La sua determinazione, però, è inossidabile: renderà il Veuve Clicquot lo champagne più famoso d’Europa, non importa quante difficoltà dovrà affrontare.
Sarà un evento straordinario, la cometa che solca il cielo nel 1811, a segnare una svolta: il meraviglioso fenomeno celeste porta con sé la migliore vendemmia degli ultimi decenni e, inaspettatamente, una ventata fresca nella vita sentimentale di Nicole.
Con un simile segno del destino a indicarle la via, si troverà a prendere una decisione in grado di cambiare per sempre il corso degli eventi, iscrivendo il suo nome nella storia dei secoli a venire.
Bestseller internazionale
La storia vera di Barbe-Nicole Clicquot Ponsardin, la giovane vedova che inventò il mito del Veuve Clicquot
«Scritto divinamente, è come se le pagine prendessero vita. Un libro speciale.»
Angela Petch
«Mi è sembrato di camminare tra i vigneti della campagna francese. La storia è scritta così bene che l’ho divorata in poche ore. Consigliatissimo.»
«Sono una grande appassionata di vini e di storia. Ho trovato il romanzo perfetto per me.»
«Le storie di donne come Madame Clicquot meritano di essere raccontate.»
Per Tara e Charlie,
tenetevi stretti i vostri sogni
Per quale motivo dovremmo costruire la nostra felicità sulle opinioni degli altri,
quando possiamo trovarla nel nostro cuore?
JEAN-JACQUES ROUSSEAU
CAPITOLO 1
Rivoluzione
Reims, 21 luglio 1789
In quella splendida mattinata Nicole si fermò al bivio e cercò di capire cosa fare. Imboccare rue des Filles Dieu, un vicolo ombreggiato e divino per ragazze obbedienti che portava direttamente alla sua scuola retta dalle suore, o preferire una deviazione proibita attraverso la piazza aperta, dove la luce del sole tremolava in una foschia sopra i ciottoli?
Tirò in aria una moneta, la fermò sul dorso della mano e chiuse gli occhi. Pile ou face, testa o croce. Non aveva importanza: avrebbe sempre vinto la piazza proibita, specialmente nel giorno del mercato. Era l’unica vera scelta, piena di promesse. Corse verso la piazza illuminata dal sole.
Alla statua di re Luigi XVI, si fermò per accarezzare il muso segnato dalle intemperie del cavallo di pietra come buon auspicio, mimò un inchino al re e si bloccò… Intorno al collo del sovrano era stato legato un cappio. E qualcuno aveva fatto cadere delle gocce di vernice rossa sotto i suoi occhi regali. Il re lacrimava sangue! Non era di certo opera di Xavier. A volte dipingeva addosso al re dei baffi di carbone o magari gli infilava un geranio sotto la sella del cavallo affinché gli sporgesse dal sedere, ma non aveva mai fatto niente di così macabro.
Dunque le notizie che giungevano da Parigi dovevano essere vere. L’intera città era in fermento. Quatorze Juillet, il giorno in cui la Francia si era capovolta. Il re screditato. La Repubblica del popolo, la rivoluzione. Liti accese agli angoli delle strade e pettegolezzi a non finire, tutti relativi a qualcosa che avveniva lontano. Il cappio e il sangue erano il genere di cose che accadeva a Parigi, non lì, nella sicura e sonnolenta Reims.
Deturpare l’immagine del sovrano era un reato grave, che i soldati del conte si sarebbero accertati di non lasciare impunito. Si trattava di un indisciplinato gruppo di annoiati criminali che pattugliavano regolarmente le strade alla ricerca di qualcuno da picchiare, inclusi i ragazzi che marinavano la scuola, persino quelli ricchi come lei.
Nicole si avviò verso la sicurezza della piazza correndo ma non troppo per non destare sospetti. Di solito, nei giorni di mercato, la piazza brulicava di contadini champenois che allestivano i loro banchi illuminati come fossero sacrifici all’alta cattedrale che sorvegliava la piazza. Ma non quel giorno. L’anziana vedova di Aÿ se ne stava sconsolata accanto a un paio di ceste logore. Il suo prezzemolo spelacchiato ormai aveva fatto i fiori e quella povera manciatina di cipolle ammuffite sarebbe dovuta finire in salamoia già da un bel pezzo.
Anche la smunta signora delle marmellate di Allers-Villerand era lì, come sempre. Nicole poteva anche avere solo undici anni, ma era orgogliosa del suo spirito di osservazione e quella marmellata non era stata venduta durante gli ultimi tre mercati. Sapeva che era la stessa perché la signora aveva scritto male la parola “fragola” su quel carico e chi sapeva leggere era troppo educato per dirlo.
Non aveva riconosciuto l’uomo del banco del macellaio che vendeva conigli scuoiati sull’altro lato della piazza: i loro corpi spogli erano accatastati e avevano ancora la coda, le testoline e le zampette ricoperte di pelliccia, e mosche gonfie si aggiravano su di loro come ubriachi.
«Xavier!». Nicole aveva visto il suo amico in piedi vicino alla bancarella dei conigli, intento a chiacchierare con un gruppo di amici. L’avrebbe riconosciuto lontano un chilometro, con la sua corporatura massiccia e i capelli neri e ispidi, e aveva sperato di vederlo lì. Gli sarebbe piaciuto il tesoro che lei aveva in tasca: uno scarabeo verde lucido, iridescente come un gioiello.
Fece finta di non sentirla e, facendogli compiere una parabola, spedì sui ciottoli uno sputo scintillante. Nicole era impressionata.
Xavier era stato il suo compagno di giochi fino a quando il corpo di lei l’aveva resa diversa da lui. Gli mancava adesso che lei era a scuola e che lui doveva lavorare. Quindi perché quel giorno non era al lanificio di suo padre?
«Xavier, guarda cosa ho trovato!».
Lui la ignorò, così lei gli si avvicinò con la mano tesa per mostrargli lo scarabeo.
«Era nel cespuglio di rose del vigneto di monsieur Moët».
Xavier sorrise, ma poi si ricordò che si trovava con un gruppo di amici.
«E allora?», rispose con tono derisorio. «Ma poi di che diavolo si tratta?»
«Lo sanno tutti che è un coleottero delle rose, stupido mangiatore di uva», ribatté lei, stizzita per quel tradimento.
Xavier finse che la cosa non gli importasse, ma, dal modo in cui tirava su col naso e scuoteva la testa, Nicole aveva capito che non era così. “Mangiatore di uva” era il peggior insulto che si potesse fare in una città di viticoltori, era così che venivano chiamati i lavoratori della Marne Vallée che non sapevano niente di viti e ne mangiavano i frutti.
«Aristocrate!», gridò uno dei suoi amici, come se fosse una parolaccia.
«Lasciala stare, è solo una bambina». Xavier le fece un cenno con la testa. «Sparisci, laide».
Xavier era sempre stato gentile e probabilmente intendeva esserlo anche in quel momento. Ma quella parola – laide, “brutta” – le faceva male. La prendeva sempre in giro, dicendole che era così minuta che avrebbe potuto spezzarsi, che i suoi occhi grigi erano come quelli di un lupo anziché di una ragazzina e che i suoi capelli biondo-rossicci sembravano sul punto di arrugginirsi.
«Questa piazza non è vostra», sbottò lei.
«Ora lo è. Va te faire foutre, aristocrate!», gridò l’amico. Va’ a farti fottere, aristocratica.
«Io sono uguale a voi!», protestò Nicole, alzando i pugni e gli occhi chiari pieni di furia. Poteva anche essere piccola, ma era forte e veloce e all’altezza di qualsiasi ragazzetto urlante. Maledizione! Sua madre le aveva fatto quegli stupidi boccoli da ragazzina per andare a scuola, proprio quel giorno!
Xavier le diede una spinta. «Ma sei matta? Ti può schiacciare come una formica del cavolo».
«Ve la prendete con le ragazzine, giovanotto?».
Era il conte d’Etoges che si era precipitato verso di loro, e fin dal castello! Il mantello di seta rossa sfolgorava al sole in netto contrasto con i lavoratori scialbi della piazza, che lo guardavano minacciosi.
Il conte gli piegò il braccio dietro la schiena. Sembrava una vera agonia, ma Xavier rimase impassibile e Nicole ne fu felice.
«Chiedi scusa a mademoiselle Ponsardin, piccolo furfante puzzolente».
Il conte gli strinse il braccio ancora di più, finché Xavier non divenne livido per il dolore. Nicole temeva che il conte gli strappasse la spalla.
«Mi dispiace», esclamò lui con una smorfia.
«E tu! Comportati come una signora, non come un monello di strada».
I monelli di strada picchiavano le signore tutti i giorni. «Lasciatelo andare. Mi stava aiutando», rispose lei.
«Sta’ al tuo posto e fa’ valere la tua naturale autorità, signorinella, o questa gentaglia penserà di essere povera gente che merita giustizia. Quanti anni hai?»
«Undici». Si rifiutò di aggiungere “signore”.
«Lo imparerai presto. Dagli un dito e si prenderanno tutto il braccio».
Il conte se ne andò e Nicole fece una boccaccia alle sue spalle per impressionare Xavier, che però se ne stava già tornando al banco per infilare un coniglio nel sacco. Il macellaio non chiese denaro e Xavier sembrava imbarazzato. Poi capì: i conigli erano un’elemosina per i poveri e si vergognò per avergli dato del mangiatore di uva.
Intorno alla piazza, i gerani rossi nei vasi erano trascurati e appassiti, le case cadevano a pezzi e la vernice era scrostata. Anche quell’anno le colture dei campi stavano morendo. Nicole non riusciva a ricordare un anno in cui ci fosse stata una festa al momento del raccolto né un’enorme luna color crema a illuminare una serata magica di danze, come aveva sentito dire avvenisse in passato. Tutte le settimane la città pregava per un buon raccolto, ma Dio non era in ascolto. Era per questo che Parigi era in rivolta, le aveva detto suo padre: gli aristocratici si rimpinzavano mentre gli operai morivano di fame e la regina Maria Antonietta era così stupida che aveva offerto ai poveri di mangiare brioche al posto del pane.
Ma suo padre non le aveva raccontato la parte più orribile. Era stato Xavier a farlo, e nei minimi dettagli. Gli operai di Parigi si sarebbero sollevati e avrebbero radunato tutti gli appartenenti all’aristocrazia, li avrebbero portati in Place de la Revolution e gli avrebbero tagliato la testa con una nuova e raccapricciante invenzione: la ghigliottina. La ghigliottina poteva tranquillamente uccidere dieci aristocratici in un’ora, le aveva detto Xavier: una grande lama che scivolava lungo un telaio e faceva il lavoro sporco, mentre gli aristocratici, in fila l’uno dopo l’altro, assistevano alla morte di amici e parenti prima di essere decapitati a propria volta. Le erano venuti i brividi. Avrebbe preferito che non glielo avesse detto e sperava che la cosa non fosse vera.
Abbassò gli occhi sul suo vestito, quasi dello stesso rosso del mantello del conte, tinto con il tipo di colore che la gente della piazza non si sarebbe mai potuta permettere. Sarebbe stata considerata un’aristocratica? Eppure era un fatto che re e regina non fossero più in carica. Il mondo era cambiato e lei si sentiva spaventata, persino lì, nella sua piazza.
Avrebbe preferito essere andata a scuola, dopotutto, ma la campana iniziò a suonare. Sarebbe arrivata troppo tardi e le suore lo avrebbero detto a suo padre, quindi tanto valeva approfittare della mattinata, visto che i problemi sarebbero arrivati comunque.
Al nono rintocco della campana, una folla di persone si riversò nella piazza per mettersi in fila alla bancarella dei conigli. La maggior parte era gente di campagna, troppo povera per essere di casa in quella parte della città. Il macellaio distribuiva un coniglio a testa. Qualcuno aveva un sacco, qualcun altro lo avvolgeva nel grembiule, altri non avevano abbastanza tessuto di scorta e tenevano la carne per le orecchie. Rimase a guardare per un po’, poi corse verso la panetteria.
«Nicole! Niente scuola oggi?», chiese Daniel, il panettiere.
«La moneta è caduta su croce», mentì lei.
Helen Fripp è inglese ed è una grande appassionata di storie di donne vissute nel passato. Ha conseguito una laurea in Lingua francese e un master in Scrittura creativa presso la Bath Spa University. Vive a Bath e lavora nel settore delle pubbliche relazioni.