Anteprima “Il caso del libraio Erik Lange”

Disponibile dal 14 Marzo 2023

Vendere libri può essere molto pericoloso… Dopo un avvenimento traumatico che ha sconvolto la sua esistenza, il trentaquattrenne Erik Lange decide di rifarsi una vita nella cittadina bavarese di Neukirchen, dove rileva una libreria. Le cose sembrano andare per il verso giusto, ma, proprio quando Erik comincia a sentirsi a suo agio nella nuova realtà, un evento sinistro mette tutto in discussione: dopo essere uscita di casa al mattino presto la figlioletta di un suo conoscente scompare nel nulla. Le ricerche cominciano immediatamente. A dirigerle ci sono l’abile ispettore capo Judith Plattner e la volenterosa poliziotta Pia Meyer. Presto il cerchio dei sospettati si restringe attorno alle persone vicine alla bambina scomparsa, e anche Erik, il nuovo arrivato, cade sotto la lente della polizia. Quando poi viene fatta una scoperta raccapricciante, la serenità che il libraio sperava di ritrovare a Neukirchen diventa un miraggio…

PROLOGO

Le pause tra una percossa e l’altra stavano diventando sempre più lunghe ma l’uomo, che ciondolava legato alla trave di legno del vecchio fienile, lo percepiva a malapena. Tutto il corpo gli bruciava dal dolore, come se fosse stato in fiamme, e ormai aveva perso il conto delle sue ferite. Sospettava di avere diverse costole rotte, forse anche la mascella e uno zigomo. Temeva di aver riportato delle lesioni interne per le percosse alla bocca dello stomaco. Il sangue sgorgava incessante da una lacerazione sulla fronte, incollandogli l’occhio sinistro. Per quanto l’uomo sbattesse forte le palpebre, non vedeva altro che delle strisce rosse. Non riusciva nemmeno più ad aprire l’altro occhio, tanto era tumefatto.

Un’altra percossa colpì l’uomo alla mascella, la testa fu scaraventata di lato.

«Dov’è lei?». La domanda si ripresentava a ogni percossa. «Dov’è lei? Dimmi dov’è!».

L’uomo non rispose. Anche se avesse voluto rispondere, non ci sarebbe riuscito. Il sangue si accumulava nella bocca, più velocemente di quanto venisse sputato fuori. Aveva già sputato anche due denti.

Un’altra percossa. Delle stelle danzarono davanti agli occhi dell’uomo. Lottò disperatamente per non perdere i sensi. Temeva di non fare ritorno dall’oscurità del deliquio. Insieme ai sensi si sarebbe spento il suo ultimo briciolo di voglia di vivere, e sarebbe morto.

Ma non voleva morire. Non qui. Non ora. C’era stato un tempo in cui avrebbe voluto arrendersi. Aveva lottato contro il mostro, invece, e l’aveva sconfitto. Aveva fatto le cose per bene. Non aveva fallito. Perché adesso era qui, allora?

Un’altra percossa fece gemere l’uomo, il sangue sgorgò dalla bocca, colò lungo il mento.

«Dov’è lei?»

«Non lo so», cercò di sussurrare, ma tutto ciò che ne uscì fu un gorgoglio.

«Cosa ne hai fatto di lei?».

L’aguzzino fu improvvisamente così vicino al viso dell’uomo, che poteva sentirne il respiro affannoso. La sua paura raddoppiò. Voleva supplicare l’altro di smetterla, implorare pietà per la sua vita, ma ancora una volta tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un gorgoglio. Iniziò a piangere. Dai suoi occhi sgorgarono lacrime e si mescolarono al sangue. Con un grande sforzo, l’uomo aprì l’occhio sinistro e, per un attimo, poté vedere chiaramente. Guardò dritto in faccia il suo aguzzino. Vide il suo odio, e la sua paura, che era grande quanto la propria. Poi vide un altro pugno volargli addosso e perse i sensi.

L’uomo emerse dall’oscurità stordente, affondò di nuovo, riemerse. Delle immagini colorate sfilarono davanti ai suoi occhi come lampi intermittenti. Luoghi familiari, volti familiari. Frammenti di memoria. Suo padre che trasportava una scatola di libri in libreria. Sua madre china sui registri contabili. Sua sorella Klara che schiaffeggiava l’alunno di terza che l’aveva chiamata quattrocchi. Il suo migliore amico Ralf che alla partita di pallavolo faceva il punto decisivo in schiacciata e sollevava la mano per battere il cinque.

L’uomo sapeva cosa significassero i frammenti di memoria. Non si diceva forse che quando uno muore tutta la sua vita gli scorre davanti? Era giunto quel momento.

Vide, quindi, Tamara che pomiciava con un ragazzo, poi nuda sotto di lui, poi con gli occhi spalancati in sala parto. Joelle, sempre Joelle. Coperta di sangue, minuscola, che urlava a squarciagola in segno di protesta per essere stata strappata dal caldo bozzolo dell’utero di Tamara. Poi tranquilla tra le sue braccia, avvolta in un asciugamano morbido. Joelle orgogliosa con il regalo per il suo primo giorno di scuola. Affettuosa con il cavallo che era stato affidato alle sue cure. Disperata quando lui le aveva detto che doveva andarsene…

Non avrebbe mai dovuto lasciarla! Non avrebbe dovuto farsi cacciare da Tamara! Non sarebbe dovuto venire in quel posto maledetto!

Le immagini scorrevano sempre più veloci davanti all’uomo. Era perché si stava avvicinando la fine? Il viso quindicenne di Joelle scomparve, sostituito da un viso di bambina. Occhi marroni sporgenti, dietro a occhiali spessi. Un naso sanguinante. Un braccio di bambina con dei lividi. I lividi sfumarono, trasformandosi in due occhi, occhi blu fiordaliso.

No, non sarebbe dovuto venire lì.

PARTE I

ERIK

1

Cercasi nuovo proprietario per libreria di Neukirchen.

Piccola cittadina di 10.000 abitanti.

Unica libreria della zona.

Superficie in vendita di 80 m².

Ricavo stabile > 400.000 €/anno.

Molti clienti abituali.

Contattare il…

Tre giorni dopo aver letto l’annuncio vado per la prima volta a Neukirchen ma, fin dall’inizio, il viaggio pare non essere segnato da una buona stella. Tanto per cominciare parto in ritardo perché Klara compare inaspettatamente e cerca di nuovo di dissuadermi da questa idea balorda («troviamo un’altra soluzione»); poi, visto che non cedo, mi rifila il suo navigatore («altrimenti, con il tuo senso dell’orientamento, ti perdo definitivamente»). Poi un ingorgo mi rallenta e, infine, un cantiere mi costringe a una deviazione, segnalata da schifo, che finisce davanti a un altro cantiere. Riprogrammo il navigatore di Klara, faccio inversione con la mia Opel Corsa e proseguo il viaggio. Sono le tre meno dieci quando, a una rotonda, svolto in una strada a una corsia, annunciata dalla voce di Bruce Willis (scelta di Klara).

Sono parecchio nervoso. Secondo il navigatore il viaggio durerà ancora solo otto minuti, ma io odio arrivare affannato agli appuntamenti.

La strada si snoda in un bosco rado che ospita varie specie vegetali. È febbraio, gli alberi sono spogli, la luce del sole filtra attraverso i tronchi. La vista mi rilassa un po’ ma non si può dire altrettanto della condizione della strada. Diventa sempre più stretta e accidentata. Sono davvero nel posto giusto?

Do un’occhiata al navigatore. Non condivide il mio dubbio. La piccola freccia rossa che mostra la mia posizione si trova esattamente sul percorso azzurro. Tuttavia, la sezione dell’immagine è troppo piccola per mostrarmi se il percorso azzurro porti realmente alla destinazione desiderata o piuttosto all’inferno o in un altro degli altri dieci comuni chiamati Neukirchen che esistono in Germania.

Mi sporgo in avanti, tocco sul navigatore per rimpicciolire la cartina ed è allora che accade. Con la coda dell’occhio destro vedo balenare qualcosa. Non vedo molto di più di un movimento giallo, ho già il piede sul freno. Non stavo andando veloce, tuttavia vengo scaraventato in avanti e poi tirato di nuovo indietro dalla cintura di sicurezza. Per un secondo resto impietrito dallo spavento, poi slaccio la cintura, apro la portiera del conducente e faccio il giro della macchina. Un bambino con una felpa giallo sole è disteso proprio davanti alla ruota destra anteriore.

Merda! L’ho investito io? Perché non ho sentito nessun impatto?

Il bambino è steso immobile, ma quando mi avvicino solleva la testa e mi fulmina con i suoi occhi marroni leggermente sporgenti.

«La strada è solo per i veicoli forestali!».

Il bambino è in realtà una ragazzina, forse di dieci o undici anni, con una voce forte, nonostante la situazione. Mi sembra di essermi tolto un macigno dal cuore.

La piccola accenna ad alzarsi in piedi, ma io tendo una mano verso di lei. «Aspetta, prima dobbiamo vedere se sei ferita. Ti fa male da qualche parte?»

«Non sono affari suoi». Mi spinge via la mano e si tira su. «Sto bene».

«Hai il naso che sanguina e le ginocchia sbucciate».

«Ce li avevo già da prima».

Il mio sollievo svanisce. Evidentemente la piccola ha subito un trauma. Oppure ha una commozione cerebrale? «Ti ho investita», le spiego con calma.

Scuote il capo e delle gocce di sangue schizzano in tutte le direzioni. «Non è vero. Sono scivolata. Ma solo perché lei mi ha spaventato», aggiunge in tono accusatorio. E poi ripete: «La strada è solo per i veicoli forestali».

Questa informazione sembra essere importante per lei. «Non lo sapevo. E mi dispiace di averti spaventata. Posso dare un’occhiata al tuo naso?»

«Non mi tocchi!».

«Certo che no, se non vuoi, ma…». Sono un po’ perplesso. La sua reazione in realtà è ragionevole, anch’io ho ripetuto a Joelle più e più volte di non dare ascolto a uomini sconosciuti. Però l’emorragia dal naso non sembra potersi fermare da sola. «Lascia almeno che ti dia un fazzoletto». Frugo nella tasca dei pantaloni, ma lei non aspetta.

«Non mi serve». Si pulisce il naso con la manica della felpa giallo sole, poi scappa lungo il sentiero nel bosco.

La seguo con lo sguardo. Una bambina singolare. Da sola in mezzo al bosco. E da dove vengono il naso sanguinante e le ginocchia sbucciate? Mi guardo intorno. Il mio sguardo cade su una croce di legno commemorativa che si erge sul ciglio della strada. Davanti c’è un tulipano fresco, leggermente schiacciato. Secondo l’iscrizione la croce è intitolata a una certa Renata, morta un anno prima in aprile. Una parente della ragazzina?

Mi siedo di nuovo in macchina e proseguo, lentamente, così la piccola non penserà che la stia inseguendo.

Due settimane dopo sono alla cassa della libreria Brandl, sulla Marktplatz di Neukirchen, e cerco di spiegare a una signora anziana con una crocchia grigia e scomposta che non posso concedere nessuno sconto su un libro con la copertina rigida solo perché la pellicola che sigilla il volume è strappata. Non ho mai visto prima quella donna ma presumo di avere di fronte Marga Grandauer, da cui Georg Brandl mi ha messo in guardia.

Georg Brandl e io abbiamo trovato un accordo già durante il nostro primo incontro. Il primo di aprile rileverò la sua libreria, ma collaborerò con lui già da marzo, così mi potrà istruire e presentare ai clienti. Quest’ultima cosa è per me più importante della prima. Negli ultimi anni ho lavorato nella libreria dei miei genitori, conosco i trucchi del mestiere. Ma in una comunità di diecimila anime come questa è cruciale che il proprietario di un negozio abbia dei buoni rapporti con la gente del luogo, se vuole sopravvivere. Georg Brandl non conosce personalmente tutti gli abitanti di Neukirchen, ma uno su due sì. Negli ultimi tre giorni mi ha raccontato tantissime cose sulle persone di qui e potrei snocciolare gli alberi genealogici della maggior parte delle famiglie. Marga Grandauer è la vedova di un urologo: insiste per essere chiamata signora Dottoressa, trova un ago anche in un pagliaio con il suo fiuto da vero Sherlock Holmes e, in genere, esce di casa solo per portare paura e terrore al suo prossimo. Il suo scopo ultimo nella vita è non pagare mai il prezzo intero per nessuno dei suoi acquisti.

«Mi dispiace», cerco di ripeterle. «Davvero non posso farle nessuno sconto. Il prezzo prefissato dei libri me lo impedisce». E il buon senso!

«Ma il prezzo prefissato dei libri non si applica alle pellicole».

«Corretto, infatti il prezzo si riferisce solo al libro. La pellicola è gratis».

Non glielo sto spiegando per la prima volta e nemmeno per l’ultima. Finalmente, cinque minuti dopo, si congeda senza aver comprato il libro. Dubito addirittura che lo volesse leggere e mi rivolgo alla coda dei clienti in attesa che ha seguito la conversazione alzando gli occhi al cielo. Vendo a un giovane padre dall’aria insonne, con una carrozzina doppia, la Guida al sonno dei neonati che aveva ordinato, a una bambina delle elementari il Libro segreto degli incantesimi del Regno degli Unicorni e do dei consigli a una donna agitatissima sui quarantacinque anni che cerca un regalo per un’amica «esigente e con una cultura letteraria». Poi il negozio è vuoto, faccio un respiro profondo e avverto una sensazione insolita di tranquillità che mi pervade. Riesco a ricordarmi a malapena l’ultima volta che ho tirato il fiato. Negli ultimi due mesi – con l’ultimatum di Tamara incombente – avevo costantemente la sensazione di soffocare e gli ultimi quattordici giorni sono trascorsi in modo così frenetico che sono riuscito a malapena a dormire. Le scartoffie per l’acquisizione; gli amici che mi rimproverano di essere pazzo per aver messo la mia vita sottosopra dall’oggi al domani; il trasloco nel piccolo appartamento che si trova sopra la libreria; il doloroso commiato da Joelle…

Ma non voglio pensarci, preferisco guardarmi intorno in libreria. Mi piace quello che vedo. Gli scaffali di legno alti fino al soffitto, che si estendono lungo le pareti. I due pilastri in muratura che sorreggono il soffitto a volta. Il tappeto blu consunto. Le nicchie che conferiscono al negozio un’intimità rustica e che sono, probabilmente, il sogno di ogni taccheggiatore. Già mi piace il mio futuro negozio e quello che non mi piace lo cambierò man mano, cominciando dal repulisti dei fondi di magazzino sui ripiani più alti, che da anni se ne stanno lì ad accumulare polvere. Soprattutto quelli della categoria “casa”!

pingo lo sgabello davanti allo scaffale, dove, sui ripiani più bassi, ci sono delle mappe escursionistiche dei dintorni, e afferro a caso un libro dalla fila più in alto. È intitolato Una breve storia di Neukirchen ed è stato scritto dal direttore del Museo di storia locale. Lo apro, mi cade l’occhio sulla prima frase e rabbrividisco. La frase è lunga dieci righe, si intreccia su quattro livelli e introduce sette persone con il nome completo. Solo un insegnante di tedesco masochista leggerebbe volontariamente qualcosa del genere. Richiudo il libro e, nello stesso momento, sento una voce.

«Quanti libri ci sono in questo negozio?».

Ho un sussulto. Avrei giurato di essere da solo. Con il libro in mano guardo verso il basso, dritto in due occhi marroni, ingranditi da occhiali spessi. Sono di una ragazzina e la sua testa, in quel momento, arriva all’altezza della mia coscia.

«Da dove sbuchi?», chiedo con tono seccato.

«Be’, da lì». La ragazzina punta il dito indicando l’angolo lettura sul retro del negozio, che consiste in due vecchie poltrone logore, nascoste da una libreria. «Non lo sapeva?»

«No».

Mi fissa con aria severa. «Ma lei deve sapere quante persone ci sono. Avrebbe potuto chiudermi dentro».

«Per fortuna non è successo».

Il suo sguardo è ancora severo. Il suo viso si presta a lanciare occhiate severe. Ha delle sopracciglia folte, castano scuro, che si congiungono sopra il naso. «Lei è il successore», dichiara.

«Del signor Brandl? Sì».

«Perché?»

«Perché cosa?»

«Perché vuole comprare la libreria? Mia mamma dice che solo degli idioti rilevano le librerie al giorno d’oggi».

Madre affascinante, figlia affascinante. Anche se la madre non ha tutti i torti. «Allora sono proprio un idiota. E adesso devo continuare a lavorare». Torno a riporre la breve storia di Neukirchen nello scaffale.

«Prima mi dica quanti libri ci sono»

«Quanti libri ci sono dove?»

«In questo negozio».

«Non lo so».

Ancora quello sguardo severo. «Ma deve saperlo se sta comprando il negozio».

«Non devo». Non ancora, solo dopo l’inventario, che mi aspetta insieme ai lavori di ristrutturazione.

«Sì, invece. Il signor Brandl ha detto che devo chiederglielo».

Be’, molte grazie, signor Brandl, penso, ma poi mi viene in mente una cosa. Nelle sue spiegazioni dettagliate sulle biografie di Neukirchen Georg Brandl ha menzionato anche una certa Pauline, una bambina di dieci anni, trascurata dal padre, che tormenta regolarmente i negozi sulla Marktplatz ed è una rompiscatole.

«Tu sei Pauline?».

Annuisce, e la osservo meglio. Non è una bambina carina. Capelli castano scuro, che scendono arruffati, occhi sporgenti dietro le lenti spesse, sopracciglia ad ali di gabbiano. Oltre a ciò, lo sguardo severo da governante. Qualcosa in lei mi è familiare e poi, finalmente, mi ricordo.

Scendo dallo sgabello. «Sei la ragazzina del bosco. Ti ho quasi investita»

«Era lei?»

«Non mi riconosci?»

«Non avevo gli occhiali».

Questo è presumibilmente uno dei motivi per cui non l’ho riconosciuta subito. L’altro è che ora non ha il naso insanguinato.

«Va meglio il naso?».

Pauline annuisce.

«Ottimo. Bene, è un piacere averti conosciuta, Pauline».

Ma non mi lascia andare così facilmente. «Quanto costa il negozio?».

Nelle settimane successive faccio conoscenza con molti altri clienti abituali, e anche Pauline piomba qui regolarmente, non per leggere, bensì per seguirmi nel negozio e assillarmi di domande, di cui di solito non le interessano le risposte. «Ha una moglie? Figli? Fratelli e sorelle? Quanti anni ha? Perché si è trasferito a Neukirchen? Da dove?». Pauline mi risparmia le sue visite solo durante le prime due settimane di aprile in cui chiudo la libreria per alcuni interventi di ristrutturazione, ma il giorno della riapertura, un sabato, irrompe per prima attraverso la porta del negozio, per criticare il cambiamento di disposizione delle sezioni e per comunicarmi che non le piace il nuovo bancone della cassa. Probabilmente avrebbe fatto molte più critiche, ma non ho cambiato altro perché mi mancano i soldi.

Per fortuna gli altri ospiti della festa di inaugurazione non sembrano condividere il suo punto di vista. Alle nove e mezza la libreria è già piena zeppa. Numerosi abitanti di Neukirchen si accalcano davanti agli scaffali, afferrano i bicchieri di spumante e di succo d’arancia, spiluccano patatine e bastoncini salati. C’è un po’ di disorientamento per il riposizionamento delle sezioni, entusiasmo per la sezione polizieschi-thriller, notevolmente incrementata, e molti elogi al nuovo bancone della cassa. Verso le undici appare la sindaca, il reporter del giornale locale, contattato da Georg Brandl, scatta alcune foto, poi la calca si attenua. Afferro un bicchiere di succo d’arancia e mi accingo a brindare a Christa Baumann, la mia unica collaboratrice, che ho assunto da Georg Brandl, quando sento delle voci impazienti dietro di me.

«Dove trovo adesso la letteratura inglese?».

foto presa dal web

Petra Johann classe 1971, è cresciuta nella regione della Ruhr e vive in Baviera. Ha un dottorato in Matematica, e prima di dedicarsi completamente alla scrittura ha lavorato nel campo dell’informatica per diversi anni.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la responsabile editoriale della rivista on-line "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga. Ha conseguito il corso di formazione "lettura e benessere personale come rimedio dell'anima"