Ventidue ritratti di eroine letterarie – da Emma Bovary a Jane Eyre, da Lady Chatterley a Anna Karenina, da Jo a Pippi Calzelunghe, fino ad arrivare alle modernissime Matilde di Roald Dahl o Mina di David Almond – che hanno in comune la caratteristica di uscire dagli schemi della propria società. Le tavole sono diversificate stilisticamente a seconda del carattere e del tipo di personaggio. A ciascuna eroina è dedicato un brano evocativo attraverso cui l’autrice condivide con le giovani lettrici le emozioni e i temi che il personaggio si porta dentro, come una porta che si apre su mondi e sogni sempre nuovi. Età di lettura: da 11 anni.
DIVERSE, PRIMITIVE, NOSTRE
L’invito di Fabian Negrin e dell’editore a prendere parte a questo progetto – che parte dalle immagini, dall’idea di Fabian di visitare a modo suo questa galleria femminile – si è manifestato come un’occasione e una necessità: quella di rileggere, che fa sempre bene. Quanti sono i libri importanti nel corso di una vita? Meglio non contarli. Ad ogni modo i libri animati dalle amiche che vorresti (che vorremmo, avremmo voluto, volevamo) sono importanti in sé, in assoluto. Alcuni più degli altri. Uno sopra tutti per chi scrive: Cime tempestose. Naturalmente, in quanto amatissimo, il più difficile da affrontare.
E dunque via: scaffali, polvere, memorie della prima lettura. Ripescare, assaggiare nuove traduzioni, andare agli originali, secondo il caso. Romanzi da grandi e romanzi per ragazzi. Tutto insieme, in un favoloso ribollire di voci, rime, segni, sensi. Da Salgari, inconfessabile passione dell’infanzia, a Bibi che salta sui treni, a Pippi che salta sugli armadi. Chiedendosi, ma non troppo: che cosa ne sortirà? Che cosa proverà una ragazzina davanti a questi ritratti di colori e parole? E un ragazzino? E una signora? E un giovane uomo? Diciamocelo: sarà un problema loro. Non fa mai bene pensare al destinatario, perché in certi casi non esiste. Non è uno solo, una sola. Per fortuna.
Questo libro è nato così, in libertà.
Solo alla fine, di comune accordo, abbiamo deciso che l’amica numero uno, la nostra ragazza di copertina sarebbe stata Stargirl. Libera, controcorrente. O ti piace o la detesti, come ben sa il narratore del romanzo di Jerry Spinelli. A lui Stargirl piace, e tanto, ma è così difficile accettare la diversità, così scomodo. Tanto quanto è difficile non essere uguali. E una ragazzina che porta un topo in tasca, suona l’ukulele, preferisce stravaganti abiti vintage alle divise generazionali è quanto di meno uguale si possa immaginare. D’altra parte, “una volta ogni tanto viene fuori qualcuno un po’ più primitivo del resto di noi, un po’ più vicino alle origini, un po’ più in contatto con la materia di cui tutti noi siamo fatti”.
Ecco: tutte queste signore e signorine sono un po’ primitive, un po’ vicine alle origini, un po’ fatte della materia di cui tutti noi siamo fatti. Di aspirazioni e contraddizioni, di sogni, di ipotesi. Magari ce le eravamo figurate in un altro modo. Non importa. Ce ne sono altri dieci, cento, di modi. Intanto andiamo loro incontro, guardiamole, ascoltiamole. E se vogliamo conoscerle meglio cerchiamo i libri che abitano. Andiamo a casa loro. Ci accoglieranno e ci sorprenderanno, ci faranno venir voglia di tornare. Saranno sempre là ad aspettarci, come fanno gli amici veri. Perché lo sono. Vere.
OGNI VOLTO, UN MONDO
Disegnare è un’occupazione solitaria e così disegnare volti può essere uno dei modi che ha un illustratore per fare amicizia. O più semplicemente per cercare di avvicinarsi all’umano. Non perché l’umanità abiti solo i nostri visi, va da sé, ma perché è istintivamente lì che i nostri sguardi si concentrano quando abbiamo a che fare coi nostri simili, ed è dunque lì che pensiamo (anche a torto) di ritrovare il carattere, le emozioni, i pensieri della persona che abbiamo di fronte. In realtà disegnare bene un piede o una mano – o un albero o una lepre – è altrettanto difficile che disegnare un volto. In quest’ultimo però lo spettatore (memore delle migliaia o dei milioni di nasi occhi bocche orecchie capelli che ha fissato durante la sua breve o lunga vita) sarà in grado di notare un occhio più grande dell’altro, una bocca troppo rossa, un naso sbagliato. Perché nel nostro disegno compaia una persona vera non basterà ovviamente aver messo tutte le cose al posto giusto, dovrà anche, in qualche modo, entrarci la vita, e questo, ahimè, dipenderà non solo dalla nostra capacità tecnica ma anche dalla fortuna, dal caso. O dalle muse, se preferite. Proprio come per le amicizie.
Nell’illustrare questo libro ho cercato di conoscere dal vivo ventidue persone che conoscevo solo indirettamente. Ventidue protagoniste straordinarie di storie straordinarie, che sono andate contro le convenzioni del loro tempo, che sono vissute fuori dagli schemi. Personaggi di cui gli autori mi hanno raccontato vita e miracoli, segreti a volte inconfessabili (i pettegolezzi di Flaubert sulla signora Bovary!), cose di cui loro stesse sono sempre rimaste all’oscuro… Forte di tutta questa informazione ho cercato di dare un viso a queste bambine e donne che ho, che tutti noi abbiamo amato nei libri. Ho impiegato tecniche diverse, speculando sul fatto che un materiale come l’inchiostro di china fosse più adatto a Jo March che a Mary Poppins o, in altri casi, utilizzando uno stile che aiutasse ad avvicinarsi all’epoca in cui una di queste ragazze era vissuta. Ho chiesto aiuto ai maestri dell’arte e dell’illustrazione organizzando sessioni spiritiche nelle quali sono stato visitato da Vuillard, Mucha, Sargent, Piero della Francesca, Keeping, Fontana, Warhol, Kolàř e tanti altri… Tutto inutile, l’impresa di ritrarre persone esistite solo dentro i libri, a pensarci bene, è semplicemente assurda. Che senso ha fissare all’interno di certe caratteristiche fisionomiche un personaggio che ogni lettore può immaginare come più gli pare e piace? Che ognuno di noi può vedere con gli occhi della mente in modi più vicini alla propria sensibilità? A mia discolpa, purtroppo, non c’è una risposta certa. Abbinare immagini a testi, illustrare, è un’attività senza senso che l’umanità continua da tempo a degustare, come un buon vino, quasi come se per alcuni si trattasse di un bisogno, se non primario, piuttosto impellente. Forse lo stesso bisogno che a uno dei personaggi che ci accompagna in queste pagine, Alice, all’inizio delle sue avventure fa chiedere: “A che serve un libro senza figure?”. Questo libro di figure ne ha ventidue. Ventidue ottime amiche. A che serve un libro senza amiche…?
Fabian Negrin
Mistress Mary, quite contrary.
E per forza era contrary, la piccola Mary. Immaginiamo una bimba nata in India, cresciuta in un eterno tepore, in una ridda di colori e sensazioni, di frutti e di fiori, in una bella casa, con una mamma distante – tutte le mamme erano distanti, allora – però bella come una principessa. Il rosso delle divise inglesi, il nero velluto della notte, i gioielli delle signore, le feste. Una ayah, una tata tutta per lei. Capricci e coccole. Una bambina che ha sempre ragione.
Poi una malattia che porta via tutti, tutti, e la bambina che ha sempre ragione viene impacchettata in un vestito nero e spedita lontanissimo, al freddo e al buio dell’Inghilterra sconosciuta. Un’orfana che nessuno vuole.
Per forza è contrary, la piccola Mary. Non è nemmeno carina, come si converrebbe alle eroine sventurate. È una bambina brutta e scontrosa, arrabbiata col mondo ma anche, tanto, con se stessa.
Poi c’è il giardino. La cura. La scoperta che uscire da sé fa meglio di mille medicine. Farà bene anche al cugino, Colin, il bambino che piange di notte, malato di solitudine, accorgersi che là fuori, là sotto c’è la vita che pulsa e spunta, pronta a colorarsi. C’è il buon Dickon con i suoi animali incantevoli. E se si guarisce di sé si sta bene nel mondo.
“Aveva cominciato a chiedersi come mai
non le era mai sembrato di appartenere a nessuno
anche quando suo padre e sua madre erano vivi.
Gli altri bambini appartenevano ai padri e alle madri,
ma lei non era mai stata la bambina di nessuno.
Aveva avuto servi, e cibo e vestiti,
ma nessuno aveva mai fatto caso a lei”.
Traduzione di Beatrice Masini
MARY LENNOX
– Il giardino segreto –
1911
Scontrosa, bruttina, sgarbata, antipatica, Mary viene trasportata come un pacco in Inghilterra dall’India, dove i genitori – padre ufficiale, madre bellissima – sono morti in un’epidemia di colera che l’ha miracolosamente risparmiata. I parenti che la accolgono sono degli sconosciuti peraltro invisibili, il luogo è Misselthwaite, un castello grigio in un mare grigio di brughiera invernale. …